Recensione: “Genesi” di Riccardo Iannaccone

Recensione: “Genesi” di Riccardo Iannaccone

Buona giornata miei cari amici lettori oggi vi porto con me nei meandri della metropolitana di Roma in cui succederà tutto ciò che non vi aspettate! Buona lettura 😉

Scheda tecnica

Genesi

Autore: Riccardo Iannaccone
Genere: Horror
Editore: Nua
Data di uscita: 28/10/2021
Formato: Ebook
Anno pubblicazione: 2021
Pagine: 280

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Trama

Michele e Giulio, padre e figlio, sono mondi distanti, isole allontanate da un tempo scandito da pochi momenti condivisi. Ma la vita ti sorprende sempre, “regalando” a un giorno qualunque, durante una banale corsa in metro, un risvolto inaspettato. All’improvviso, le persone attorno ai due cominciano a morire senza un motivo apparente, fin quando dal sottosuolo, non si scatena l’inferno. Una forza sconosciuta si manifesta dalle viscere della Terra, e sembra intenzionata a distruggere la razza umana. Una potenza mostruosa, che si autoalimenta delle onde elettromagnetiche prodotte dalla tecnologia. Prigionieri del vagone, la realtà che ha circondato Giulio e Michele fino a quel momento potrebbe non essere altro che una menzogna, la parte di un ciclo infinito che, inesorabilmente, porta a una nuova genesi. L’umanità è destinata a scomparire o c’è una salvezza? E cosa c’entra un ragazzino di sedici anni e il rapporto con suo padre in questo disegno? “Genesi”, horror urbano dai tratti fantasy, ci accompagna così per mano nella sua personalissima visione della fine dell’umanità. E nell’altrettanto astrusa ancora di salvezza che potrebbe concederci una rinascita.

Riccardo Iannaccone con questo romanzo ci fa scendere nelle profondità della metropolitana di Roma e ci rigala un horror di tutto rispetto. Di certo non prenderò più la metro con la stessa tranquillità ora che ho letto questo romanzo!

La storia parte con un inquadratura su Michele e Giulio suo figlio. E parlo di inquadrature perché ogni scena descritta sembra quella di un film. L’autore si sposta da un personaggio all’altro durante la narrazione come farebbe una cinepresa.

Un inizio normale che non lascia di certo presagire quello che avverrà dopo. Michele è un uomo separato con una brutta disavventura lavorativa alle spalle e un figlio che può vedere solo in alcuni momenti a causa del divorzio.

Giulio è un ragazzino che ama leggere e la musica, diverso da suo padre sotto molti punti di vista e lo dimostrerà il fatto che mentre suo padre come gli altri sembra schiavo dello schermo dello smartphone Giulio se ne sta tranquillo a leggere.

La spaccatura nella situazione apparentemente tranquilla avviene nel momento in cui le persone nella metro iniziano a morire attaccate da degli strani esseri. È la Genesi, il punto di non ritorno che fa premere il tasto reset a tutto il genere umano.

Un genere umano che all’apice del 2021 si ritrova schiavo di una tecnologia sempre più invasiva, oppio di un’umanità ormai persa dietro a schermi lucidi che lo distolgono da tutto ciò che la circonda.

Attenzione spoiler. Il romanzo, però, non è solo la denuncia di una società in declino, ma anche la narrazione di una storia ciclica che per quante volte si ripeta – 14 sono le genesi che il mondo ha visto compiersi – non riesce a non ricadere negli stessi schemi e a non produrre gli stessi scenari devastanti che non possono che condurre alla fine di tutto.

Sebbene la tragicità emerga con tutta la sua forza e sembra squassare l’anima con il suo rumore infernale, una speranza si può scorgere alla fine. Cammina lenta, senza farsi sentire ma rimane ben percepibile dal lettore che la sa intravedere.

Era l’alienazione dell’essere umano, del genere umano, e ci stavano cadendo tutti dentro, senza appello, senza speranza

– Genesi –

#prodottofornitoda Riccardo Iannaccone

L’autore: Riccardo Iannaccone

è nato a Roma il 23 agosto 1984. Diploma al Liceo Classico Luciano Manara
e Laura Magistrale, vecchio ordinamento, in Lettere e Filosofia,
DAMS, all’Università di Roma Tre. Lavora come editor e social media manager
per diverse realtà editoriali e cinematografiche. Ha pubblicato
racconti e romanzi per MdS editore, Porto Seguro editore, Re Artù e
Undici Edizioni. E, infine, con Brè edizioni, il suo quinto romanzo “Diversi”.

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Recensione: “Cubalibre” di Maurizio Muccitelli

Recensione: “Cubalibre” di Maurizio Muccitelli

Cubalibre

Autore: Maurizio Muccitelli
Genere: Narrativa contemporanea
Editore: Morlacchi Editore
Data di uscita: 26/11/2019
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 2019

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Trama

Ambientato quasi interamente negli ultimi mesi dell’anno 2003 traL’Avana e una non meglio identificata città italiana, Cubalibre racconta la storia di Luca, insegnante precario poco più che trentenne, che nel mezzo di una delicata situazione sentimentale, riceve una proposta di insegnamento in una scuola italiana all’estero, a Cuba. La scelta di accettare l’incarico porterà il protagonista a vivere un’esperienza a diretto contatto con le contraddizioni del regime cubano di Fidel Castro, in una terra affascinante e piena di storia, nella quale l’incontro con Chiara lo porterà a mettere in discussione il suo modo di vivere e di pensare la relazione di coppia e la famiglia. Il romanzo, narrato in prima persona, tende a concentrarsi sulle emozioni di Luca, sulle sue riflessioni sul mondo della scuola, sulla politica, sulla vita, ma soprattutto sulle sue incapacità di gestire ed affrontare con serenità il susseguirsi degli eventi, mostrando fragilità e debolezze tipiche della natura umana.

Cubalibre è il libro di un autore esordiente, Maruzio Muccitelli, che ho conosciuto ad uno degli eventi del premio letterario Fulgineamente.

Il suo romanzo mi ha colpito subito, soprattutto perché ambientato a Cuba, paese che ho visitato qualche anno fa. È per questo motivo che ho deciso di leggerlo. Inoltre ad incuriosirmi era stata la trama incentrata sulla storia di questo insegnante precario che ha l’opportunità di andare ad insegnare all’estero.

Questi elementi e la scrittura particolarmente scorrevole lo hanno reso una piacevole lettura, soprattutto l’atmosfera cubana narrata nel libro mi ha riportato immediatamente in quei luoghi.

Li ho rivisti come se ci fossi stata non più tardi di ieri e questo mi ha fatto venire anche una leggera nostalgia oltre al fatto che è riuscito a farmi venire voglia di ritornarci, magari quando si potrà di nuovo viaggiare.

Ambientazione a parte la storia di Luca è molto interessante e permette il lettore di immedesimarsi nel suo personaggio è per questo motivo che ho trovato il libro molto piacevole.

Le avventure del nostro protagonista in realtà si incentrano più che altro sulla sua vita privata e se è pur vero che è sempre bello leggere di una bella storia d’amore, poiché l’amore forse è pur sempre uno degli argomenti di cui fa piacere sentir parlare resta il fatto che avrei preferito approfondire un po’ più l’aspetto della vita del nostro protagonista come insegnante all’estero.

Conoscere di più le sue perplessità sul cambiamento tra una classe italiana e una di un altro paese (nonostante composta da tutti italiani residenti a Cuba).

Immagino che le condizioni siano leggermente diverse e anche se nel libro l’approccio iniziale alla nuova scuola venga narrato mi sarebbe piaciuto leggere di più sull’argomento.

Ciononostante è una lettura che mi sento di consigliare, piacevole scorrevole e dalle atmosfere esotiche.

La mezz’ora trascorsa a bordo di quel taxi rimarrà uno dei ricordi più intensi della mia esperienza in terra cubana: la macchina corre veloce, con tutti i finestrini aperti e con la radio ad alto volume che suona una canzone dei “Buone Vista Social Club”, sotto il sole cocente, sorpassando sia a destra che a sinistra zigzagando, ogni tipo di veicolo.
– Cubalibre –

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Recensione: “Chiaro di Luna” di Paolo Biagioli

Recensione: “Chiaro di Luna” di Paolo Biagioli

Chiaro di Luna

Autore: Paolo Biagioli
Genere: Narrativa italiana
Editore: Independently publishing
Data di uscita: 6/11/2020
Formato: Ebook
Anno pubblicazione: 2020

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Trama

Pietro Marras ha trentanove anni, vive e lavora a Vercelli con Chiara, sua moglie, e scrive libri. Un giorno di dicembre, però, il suo cuore si ferma, per la terza volta in quattro anni. La corsa, disperata, in ospedale, e il timore della morte che torna a insediarsi, prepotente, nella sua testa. Quando riapre gli occhi, Pietro sembra non trovare più nulla che lo stimoli. Poi, però, il caso vuole che un articolo presente su una vecchia rivista poggiata accanto al suo letto sia capace di riavvolgere il nastro della sua memoria, riportandolo indietro nel tempo di ventidue anni, al quarto anno di liceo.

Ciao miei cari amici lettori, torno come sempre a parlarvi di libri. Quest’oggi vi porto una lettura che ho fatto per una collaborazione. Ringrazio tantissimo l’autore Paolo Biagioli che mi ha permesso di leggere e recensire il suo libro.

La storia di Paolo si apre subito con il botto: troviamo infatti il nostro protagonista Pietro, un uomo di trentanove anni, in ospedale a causa di un infarto miocardico. È da qui che prende l’avvio il nostro romanzo. In quell’ospedale con un responso decisamente negativo troviamo il nostro protagonista alle prese con il ricordo di una vita passata e ci troviamo catapultati quasi subito indietro nel tempo.

Siamo negli anni del liceo, gli anni del primo amore di Pietro. Un amore che è destinato a durare oltre il tempo, quasi come se fosse destinato ad esistere. Ed è il destino un altro elemento chiave della storia o per meglio dire una leggenda di origine cinese che parla del filo rosso del destino.

Quando ho letto della leggenda mi è venuto da sorridere: la storia che ho letto e recensito prima di questa sempre per una collaborazione aveva lo stesso leitmotiv di fondo e mi è venuto da pensare che forse fossi destinata io stessa a leggere queste due opere.

Supposizioni a parte, il tema del filo rosso è un tema che mi piace molto, soprattutto perché come già detto in tante mie altre recensione, sono un’appassionata di cultura orientale, ma a parte questo è proprio bello pensare che ci sia una persona a cui siamo destinati.

Torniamo, però, alla nostra storia. Il libro scorre in modo fluido e scorrevole come una dolce melodia, oserei dire; una di quelle un po’ malinconiche. Leggendolo mi sono anche commossa: l’autore riesce pienamente a trasportare il lettore nella storia di Pietro. Inoltre è riuscito per un momento a farmi tornare negli anni ’90, anche se quelli sono stati gli anni della mia infanzia di cui ho ricordi un po’ vaghi è stato molto piacevole riviverne l’atmosfera.

È stata una lettura che per contenuto e scrittura mi ha fatto davvero piacere leggere: mi è piaciuta molto l’ambientazione in una piccola città delle marche, in riva al mare e ho adorato molto la descrizione che l’autore fa del mare in inverno, un mare che effettivamente ha un’atmosfera completamente diversa da quello estivo, quasi magica.

Mi sono piaciuti molto anche i personaggi, come per esempio l’amico Guido che nonostante sia un personaggio secondario mi ha ispirato simpatia, ma soprattutto è un elemento essenziale alla storia di Pietro e alla trama in generale. Devo, ammettere, però, che c’è un personaggio che mi avrebbe fatto piacere conoscere di più ed è la moglie Chiara. Purtroppo nella storia è l’unico personaggio che viene citato, ma non approfondito.

È vero che la storia è incentrata soprattutto sulla vita del nostro protagonista durante il quarto anno di liceo, ma non so… mi sarebbe piaciuto conoscere meglio Chiara, ma chissà forse la scopriremo più avanti, è certo che l’introduzione del suo personaggio accennato così approssimativamente lascia spazio per altre storie, altre vicende. Qualcosa di sospeso che può sempre continuare, per cui non ci resta che aspettare e stare a vedere se ci sarà o meno un futuro per la nostra Chiara magari in un’altra storia, chissà.

Per ora cari amici lettori posso solo consigliarvi questa lettura a mio parere decisamente bella e augurarvi tante buone letture!

Ricordi quella volta che siamo andati al Melody, a vedere quel film, quello con quell’attore americano… com’è che si chiamava… Nicolas Cage?
Alla fine della proiezione siamo rimasti soli, tu ed io, davanti all’ingresso principale, a parlare di film, a parlare di poesie, a parlare di tutto tranne che di noi.
– Chiaro di Luna –

#prodottofornitoda Paolo Biagioli

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Recensione: “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello

Recensione: “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello

Uno, nessuno e centomila

Autore: Luigi Pirandello
Genere: Narrativa italiana classica
Editore: Newton Compton collana “I mammut”
Data di uscita: Novembre 2011
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 1926

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Trama

Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente”. Ha inizio così l’odissea di Vitangelo Moscarda, quando un commento distratto della moglie lo inchioda a una tremenda verità: gli altri ci vedono in modo diverso da come ci vediamo noi stessi. La sua vicenda è lo specchio della crisi dell’io, tra prospettive che mutano e punti di riferimento che si perdono. Tra gli esiti più nuovi della letteratura del Novecento, l’ultimo romanzo di Pirandello è la storia di un “naufragio dell’esistenza”: in seguito al cortocircuito iniziale, il protagonista arriva ad accettare l’incompletezza di sé attraverso la via della rinuncia e della solitudine, fino all’abbandono definitivo di ogni coesione interna, fino alla follia. Come ebbe a dire l’autore stesso, dei suoi romanzi “Uno, nessuno e centomila” è il “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita”.

Eccoci di nuovo qui, cari lettori! Quest’oggi voglio parlarvi del romanzo Uno, nessuno e centomila, che non è solo l’ultimo romanzo scritto da Pirandello, ma anche l’ultima tappa nel mio viaggio tra i romanzi di questo autore. Sono arrivata così all’ultimo atto e devo ammettere che un po’ mi dispiace: ho amato tantissimo Pirandello e le sue opere e certo potrei continuare ad intrattenermi con lui leggendo le sue novelle e le sue opere teatrali, tra l’altro alcune le ho già lette, ma devo ammettere che io sono più un tipo da romanzo per cui per il momento ho deciso di fermarmi qua.

Posso comunque dire che con questo romanzo chiudo davvero in bellezza, perché è stata una lettura sorprendente; un vero e proprio capolavoro! Il climax perfetto per il mio viaggio tra i suoi romanzi iniziato con L’esclusa.

In questo suo ultimo lavoro tramite il monologo del nostro protagonista Vitangelo Moscarda, Pirandello ci porta in un’esperienza dove la destrutturazione della realtà e del personaggio la fanno da padrona.

Non c’è più lo sdoppiamento che ritroviamo nel Il fu Matia Pascal, ma una suddivisione ancora più estesa che prende le mosse da come l’altro ci vede e come noi ci vediamo. Il motore iniziale, infatti, è proprio la moglie che fa notare al nostro Vitangelo che il suo naso pende un po’ a destra. Dettaglio apparente insignificante si potrebbe dire, ma che genera tutta una serie di interrogativi.

È l’inizio della scomposizione e al contempo dell’annullamento del personaggio, perché se per gli altri io sono diverso da come mi immagino, e notano dettagli in me che non pensavo di avere, allora chi sono io?

Sono quello che pensavo di essere o sono l’immagine che gli altri hanno di me? Ma io posso effettivamente vedermi? Da qui la supposizione del nostro personaggio che ci informa che è impossibile vedersi vivere.

Un testo con un linguaggio narrativo sublime che ci porta in un loop di interrogativi che ci impongono di dover riflettere fino a generare in noi la crisi di tutto ciò che è reale e che ci circonda.

In tutto questo aleggia come un’ombra sempre presente il tema della pazzia, elemento prettamente autobiografico in quanto l’autore ne viene a contatto per via della moglie che è costretta al ricovero proprio a causa di una malattia psichica.

“No, sa: non sta lì. Sta qui, Monsignore. Quel pazzo che vuole volare sono io.”

Con questo suo racconto Pirandello è arrivato al culmine della sua teoria umoristica e lo ha fatto portando alla luce “un romanzo, dunque, da morte del romanzo” come lo ha descritto Sergio Campailla nella prefazione al libro.

Un libro insomma da leggere e rileggere che non passerà mai di moda e che come altri capolavori travalica il concetto di tempo.

“Non già, badiamo, ch’io opponessi volontà a prendere la via per cui mio padre m’incamminava. tutte le prendevo. Ma camminarci, non ci camminavo. Mi fermavo a ogni passo; mi mettevo prima alla lontana, poi sempre più da vicino a girare attorno a ogni sassolino che incontravo, e mi meravigliavo assai che gli altri potessero passarmi avanti senza fare alcun caso di quel sassolino che per me intanto aveva assunto le proporzioni d’una montagna insormontabile, anzi d’un mondo in cui avrei potuto senz’altro domiciliarmi.
Ero rimasto così, fermo ai primi passi di tante vie, con lo spirito pieno di mondi, o di sassolini, che fa lo stesso. Ma non mi pareva affatto che quelli che m’erano passati avanti e avevano percorso tutta la vita, ne sapessero in sostanza più di me. M’erano passati avanti, non si mette in dubbio, e tutti braveggiando come tanti cavallini; ma poi, in fondo alla via, avevano trovato un carro: il loro carro; vi erano stati attaccati con molta pazienza, e ora se lo tiravano dietro. Non tiravo nessun carro, io; e non avevo perciò né briglie né paraocchi; vedevo certamente più di loro; ma andare, non sapevo dove andare.”
– Uno, nessuno e centomila –

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Recensione: “Il sottile filo che ci unisce” di Stefania Enne

Recensione: “Il sottile filo che ci unisce” di Stefania Enne

Il sottile filo che ci unisce

Autore: Stefania Enne
Genere: Romance “boys love”
Editore: Independently published
Data di uscita: 7/12/2020
Formato: Ebook
Anno pubblicazione: 2020

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Trama

Aiden Miller è un bambino introverso e asociale, ha uno sguardo freddo e tagliente che ha il potere di sconvolgere e raggelare il cuore della persona a cui viene rivolto. Noah Campbell è un bambino solare e socievole, ha un sorriso dolce e rassicurante che resta impresso come un marchio indelebile scaldando il cuore della persona a cui viene donato. Aiden e Noah si incontrano in un caldo pomeriggio di settembre, nel giardino di una bellissima villa di campagna che ospita un orfanotrofio: è odio a prima vista. Ma il destino sembra aver scelto un percorso opposto al loro volere legandoli indissolubilmente attraverso un filo rosso. Il padre di Noah decide di diventare il tutore di Aiden dandogli la possibilità di vivere una vita completamente diversa da quella che il fato sembrava avergli riservato. In questo modo i due ragazzi saranno però costretti a vivere sotto lo stesso tetto. Riusciranno a far cadere le barriere che li dividono per avvicinarsi lentamente l’uno all’altro?

Ciao a tutti amici lettori, eccoci di nuovo qui con una nuova recensione fresca fresca di giornata. Il libro di cui vi parlo oggi è una collaborazione con un’autrice, Stefania Enne che ringrazio moltissimo perché mi ha dato la possibilità di leggere e recensire il suo libro.

La storia rientra nella categoria delle boys love. Un genere che prende avvio in oriente, infatti nel paese del Sol levante sono molto in voga – tra le ragazze soprattutto – i manga yaoi, cioè quei manga dove la storia d’amore è per l’appunto incentrata tra due ragazzi. Inoltre il racconto riprende anche la tradizione orientale, nata in Cina e poi esportata anche in Giappone del filo rosso che unirebbe sin dalla nascita due persone che sono destinate ad incontrarsi e ad amarsi.

Mi ha fatto molto piacere leggere questa storia, essendo un’appassionata del Giappone e di manga giapponesi compresi gli yaoi è stato veramente piacevole ritrovare questo tipo di storia in un romanzo.

Il bello di queste narrazioni è che non pongono tanto l’accento sulla tematica omossessuale, ma semplicemente sulla storia d’amore in sé. La stessa autrice nella premessa ci tiene a sottolineare che non intende indagare gli aspetti psicologici o sociali dell’omosessualità e ho trovato questo appunto molto importante perché permette al lettore anche poco avvezzo a storie di questo tipo di interfacciarsi con i personaggi e con le loro vicende sotto un’ottica diversa senza alcun tipo di pregiudizio.

La storia che ci viene raccontata pur incentrandosi sulla storia d’amore tra Noah e Aiden tocca in realtà varie tematiche e questo è stato uno degli elementi che me l’hanno fatta apprezzare. Vediamo per esempio il tema dell’abbandono e la solitudine nel personaggio di Aiden: orfano che viene accolto dalla famiglia di Noah e la sua lotta interiore per abbattere i demoni che si porta dietro e poter finalmente accettare che anche lui può essere felice. Un riscatto, quindi, nei confronti del suo passato che lui riesce a raggiungere solo nel momento in cui permette a se stesso di lasciarsi amare.

L’autrice ha costruito molto bene i suoi personaggi, soprattutto quelli secondari che si interfacciano con i nostri due protagonisti; personalmente io ho adorato tantissimo il personaggio di Julian, che ammetto essere tra tutti il mio preferito. Mi è piaciuto vedere la sua evoluzione nella storia e leggere delle sue vicissitudini in campo sentimentale anche se alcune sue scelte mi hanno fatto un po’ storcere il naso a volte, ma è proprio questo che me lo ha fatto amare ancora di più.

In conclusione posso dire che è una storia che merita sicuramente di essere letta, sia per la storia in sé che per la scrittura che è fluida ben dettagliata, non annoia e riesce a catturare l’attenzione del lettore e a farlo immergere nelle vicende dei nostri beniamini.

L’unica pecca che forse ho trovato e che mi sento di sottolineare è stata nei dialoghi iniziali. La storia, infatti, parte dal primo incontro dei due ragazzi quando sono ancora alle elementari: Noah ha 8 anni e Aiden 10 e già dai loro primi dialoghi ho trovato il modo di parlare dei due poco adatto alla loro età e questo non mi ha permesso subito di entrare appieno nella vicenda perché in quel frangente mi sono sembrati poco credibili o più precisamente a sembrarmi poco credibili sono stati i dialoghi non tanto i personaggi. Ovviamente questa è una mia opinione personale, comunque a partire già dal momento della loro preadolescenza quando hanno iniziato a frequentare le scuole medie e poi andando avanti la storia mi ha coinvolto sempre di più, per cui posso dire che è certamente un libro che consiglio di leggere e che mi è piaciuto molto.

«Gli amici si baciano.» rispose stupidamente Noah.
«E noi siamo amici?» rincarò la dose Aiden, «Non credo che siamo mai stati amici un solo giorno da quando ci conosciamo.»
– Il sottile filo che ci unisce –

#prodottofornitoda Stefania Enne

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