Recensione: “La donna dal Kimono bianco” di Ana Johns

Recensione: “La donna dal Kimono bianco” di Ana Johns

Buongiorno miei cari amici lettori, vi porto anche oggi una nuova recensione! Piano, piano sto recuperando gli arretrati e per la serie storie ambientate nel Sol Levante, oggi voglio parlarvi del romanzo di Ana Johns, La donna dal kimono bianco.

Scheda tecnica

La donna dal kimono bianco

Autore: Ana Johns
Genere: Narrativa straniera
Editore: Tre60
Data di uscita: 09/01/2020
Formato: Cartacea
Anno pubblicazione: 2020
Pagine: 352

Acquista: Libro   | Ebook 

Trama

Giappone, 1957. Il matrimonio combinato della diciassetten­ne Naoko Nakamura con il figlio del socio di suo padre garan­tirebbe alla ragazza una posizione sociale di prestigio. Naoko, però, si è innamorata dell’uomo sbagliato: è un marinaio americano, quello che in Giappone vie­ne definito un gaijin, uno straniero. Quando la ragazza scopre di essere incinta, la comprensione e l’affetto che sperava di trovare nei genitori si rivelano soltanto un’illusione. Ripudiata da chi dovrebbe starle vicino, Naoko sarà costretta a compiere scelte inimmaginabili, per qualunque donna ma soprattutto per una madre…
 
Stati Uniti, oggi. Tori Kovac è una giornalista. Men­tre si prende cura del padre, anziano e gravemente malato, trova una lettera che getta una luce sconvolgente sul passato della sua famiglia. Alla morte del padre, decisa a scoprire la verità, Tori intraprende un viaggio che la porta dall’altra parte del mondo, in un villaggio sulla costa giapponese. In quel luogo così remoto sarà costretta a fronteggiare i demoni del suo passato, ma anche a riscoprire le proprie radici…

“Cos’è la verità se non una storia che raccontiamo a noi stessi?” Scriverà ad un certo punto Ana Johns in questo suo romanzo d’esordio, ed è proprio di verità nascoste tra le righe di un romanzo che parliamo.

L’autrice prendendo spunto da avvenimenti accaduti alla sua famiglia ci racconta la storia del Giappone anni ’50 quando il pregiudizio e il risentimento nei confronti dei soldati americani di stanza nel territorio era ancora molto forte.

In un coro a due voci, quella di Tori giornalista americana che insegue la storia del passato di suo padre dopo la sua scomparsa e quella di Naoko giovane diciassettenne giapponese che si innamora proprio di chi non avrebbe dovuto, l’autrice ci narra le vicende di tutte quelle donne che alla fine della guerra si sono innamorate, contrariamente all’opinione comune e delle famiglie, di un soldato americano. Ma soprattutto ci racconta la triste e drammatica storia dei bambini nati da queste unioni.

Attraverso una scrittura limpida, scorrevole la Johns ci regala un’intensa storia di amore, coraggio e solidarietà femminile. Tratteggia con mano precisa la giovane Naoko che tra le due protagoniste della storia è quella meglio strutturata e del resto il personaggio di Tori sembra nascere più che altro con la funzione di raccontare la storia di Naoko. Due donne che attraverso il tempo sono legate da un filo comune che solo la verità può portare a galla.

Un’immersione totale in una storia che tocca l’anima e svela uno tra i più tristi retroscena legati alle conseguenze della seconda guerra mondiale in Giappone, ma che per certi aspetti rimane distante dalla prosa giapponese. Gli ambienti e le atmosfere del paese del Sol Levante sono molto curate, sicuramente frutto di numerose ricerche da parte dell’autrice, ma i personaggi seppur descritti molto bene risultano nei modi troppo americanizzati; lontani da quella caratterizzazione degli autori giapponesi.

D’altronde descrivere un altrove che non ci appartiene è molto spesso difficile, ma la cura che l’autrice mette nel narrare questi eventi ci regala nonostante tutto un romanzo di un’intensità unica: un inno a guardare oltre il pregiudizio e a seguire le leggi del cuore.

“Come faccio a sapere quale strada prendere? Come faccio Okaasan?”
“Prendere quella giusta è destino. Prendere quella sbagliata è pure destino. Perciò devi scegliere il tuo amore ed essere pronta ad amare la tua scelta

– La donna dal kimono bianco –

L’autrice: Ana Johns

Nata e cresciuta a Detroit, Ana Johns ha studiato giornalismo e lavora da oltre
vent’anni del campo delle arti creative. 
La donna dal kimono bianco (Tre60, 2020) è il suo romanzo di esordio,
basato su eventi realmente accaduti, anche alla sua famiglia.

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Recensione: “Le ricette della signora Tokue” di Durian Sukegawa

Recensione: “Le ricette della signora Tokue” di Durian Sukegawa

Buona giornata miei cari amici lettori, la recensione di oggi ci riporta nel mio amato Giappone attraverso il racconto di Durian Sukegawa, Le ricette della signora Tokue.

Scheda tecnica

Le ricette della signora Tokue

Autore: Durian Sukegawa
Genere: Narrativa straniera
Editore: Einaudi
Data di uscita: 16/04/2019
Formato: Cartacea
Anno pubblicazione: 2019
Pagine: 192

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Trama

Qual è la ricetta della felicità? È una questione di spezie e calore, di ascolto e confessione, di zucchero, di briciole di sogni e, alla fine, di un pizzico di sale. «Si tratta di osservare bene l’aspetto degli azuki . Di aprirsi a ciò che hanno da dirci. Significa, per esempio, immaginare i giorni di pioggia e i giorni di sole che hanno vissuto. Ascoltare la storia del loro viaggio, dei venti che li hanno portati fino a noi». Questo è il segreto culinario un po’ bizzarro che custodisce l’anziana signora Tokue. Ascoltando la voce dei fagioli rossi azuki si può imparare a fare il ripieno perfetto per i dorayaki , tipici dolci giapponesi che si sciolgono in bocca e fanno dimenticare il peso delle preoccupazioni. Tokue rivela il proprio segreto a Sentarō, un pasticciere in crisi di vocazione, che accetta di assumerla nel suo laboratorio dopo aver assaggiato la sua sublime confettura an. E vede gli affari raddoppiare. Tokue gli rivela però anche un altro segreto, quello del suo passato. Impartendo cosí a Sentarō una lezione ben piú profonda e preziosa.

Le ricette della signora Tokue è uno di quei libri che non puoi fare a meno di leggere. Un racconto di una delicatezza disarmante condito con la dolcezza dei dorayaki e della confettura an.

Un racconto che sin dalle prime pagine è riuscito ad entrarmi dentro nella sua semplicità e delicatezza, come sempre gli autori giapponesi sono riusciti a non deludermi e lo so che posso sembrare di parte perché amo la letteratura e la cultura giapponese, ma non posso fare a meno di non rimanere coinvolta dal loro modo di descrive gli aspetti più profondi dell’esistenza con una scrittura che sembra poesia.

Fa questo, Durian Sukegawa in questo libro in cui temi come il pregiudizio, l’amicizia, la capacità di ascolto e di aprirsi all’altro ci vengono narrati con una sensibilità che tocca le corde del cuore.

Sentarō, lavora in un negozio di dorayaki, il Doraharu, eppure a lui i dolci non piacciono per niente, quello che lo spinge giorno dopo giorno a continuare a lavorare in quel posto è solo il debito che ha con i proprietari del negozio.

L’incontro con la signora Tokue stravolgerà completamente il modo di vedere e concepire la preparazione dei dorayaki, ma soprattutto della confettura an con cui sono farciti. Sarà lei a mostrargli che la vita, nonostante tutto, ha un senso e lo farà proprio attraverso la preparazione meticolosa della confettura di fagioli azuki.

E in questo intrecciarsi di vite e storie vissute i due creeranno un legame solido, un’amicizia che andrà oltre il pregiudizio comune e che si aprirà ad un terzo personaggio: la giovane Wakana, una ragazza taciturna e solitaria.

Un racconto agrodolce, dove il pregiudizio della società annienta le vite altrui, che, però, riescono a trovare un riscatto nella capacità di aprirsi all’altro e alla vita.

Breve commento sul film

Dopo aver letto il libro, mi è capitato di scoprire anche l’esistenza del film e ovviamente non potevo non guardarlo!

Pur avendo preferito il libro, come spesso capita, ho trovato il film molto aderente alla trama con protagonisti che hanno saputo rendere i personaggi proprio come me li ero immaginata mentre leggevo.

La regista Naomi Kawase è riuscita a rendere perfettamente il senso della storia e ammetto che mi sono commossa nel vederlo.

Noi siamo nati per guardare e ascoltare il mondo. E il mondo non desidera altro. Perciò anche se non potevo diventare insegnante o lavorare, il mio essere venuta al mondo aveva un senso
– Le ricette della signora Tokue –

L’autore: Durian Sukegawa

Durian Sukegawa, nome d’arte di Tetsuya Sukekawa,
è nato a Tokyo nel 1962. Poeta, scrittore e clown,
ha una laurea in Filosofia Orientale e una in Pasticceria,
conseguita all’Università della Pasticceria del Giappone.
Per Einaudi ha pubblicato Le ricette della signora Tokue (2018),
il suo primo libro tradotto in italiano, da cui è stato tratto il film 
Le ricette della signora Toku, diretto da Naomi Kawase e
presentato al Festival di Cannes nel 2015.

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Recensione: “Il gatto che voleva salvare i libri” di Sosuke Natsukawa

Recensione: “Il gatto che voleva salvare i libri” di Sosuke Natsukawa

Scheda tecnica

Il gatto che voleva salvare i libri

Autore: Sosuke Natsukawa
Genere: Narrativa straniera
Editore: Mondadori
Data di uscita: 06/10/2020
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 2020
Pagine: 180

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Trama

La libreria Natsuki è un luogo speciale: un negozio polveroso e solitario, dove gli amanti della lettura possono trovare, tra le pagine dei grandi capolavori di tutto il mondo, un’oasi di pace, un rifugio lontano dal frastuono della quotidianità. Quando il proprietario, uomo colto e appassionato, muore improvvisamente, il nipote Rintaro, un ragazzino timido e introverso, eredita la libreria. Il nonno si è preso cura di lui dopo la morte di sua madre e, ora che è scomparso, Rintaro deve imparare a fare a meno della sua saggezza dolce e pacata. La libreria è sull’orlo del fallimento: un’eredità pesante per il ragazzo, anche perché i segnali dal mondo sono piuttosto scoraggianti: poca gente è davvero interessata alla lettura.

Un giorno, mentre Rintaro si crogiola malinconico nel ricordo del nonno, entra in libreria un gatto parlante. Nonostante le iniziali perplessità del ragazzino, il gatto lo convince a partire per una missione molto speciale: salvare i libri dalla loro scomparsa. Inizia così la storia di un’amicizia magica: un’avventura che li porterà a percorrere quattro diversi labirinti per risolvere altrettante questioni esistenziali sull’importanza della lettura e sulla forza, infinita e imperscrutabile, dell’amore.

Una favola dei nostri tempi, un’ode straordinaria al potere del libro e dell’immaginazione.

"Nei libri c'è un grande potere..." 

Questo il leitmotiv di questa fiaba moderna: un racconto breve in cui si sentono le note di un realismo magico di sottofondo, come mi è capitato di incontrare spesso negli autori del Sol Levante.

Rintaro, che ha da poco perso suo nonno che per lungo tempo è stato tutta la sua famiglia ed il suo mondo, si considera un hikikomori, termine che verrà ripetuto più volte dal protagonista proprio a sottolineare questo suo modo di sentirsi e considerarsi.

Rintaro, infatti, è un tipo solitario. Un invisibile anche agli occhi dei suoi compagni e passa il suo tempo tra gli scaffali della libreria di suo nonno – un piccolo luogo dove sono raccolti vari capolavori, una libreria dell’usato dove chiunque può trovare ciò che cerca – godendo dei suoi saggi consigli.

Con la scomparsa di suo nonno dovrà però imparare a cavarsela da solo e decidere cosa farne della libreria Natsuki, un’eredità che grava sulle sue spalle come un macigno.

A distogliere il giovane Rintaro da quel peso l’avventura insieme ad uno stranissimo gatto parlante condurrà il ragazzo in una mirabolante avventura che lo condurrà finalmente ad uscire dal suo guscio. Un coprotagonista che per alcuni aspetti ricorda il gatto della famosa fiaba il gatto con gli stivali.

Attraverso la voce del protagonista e la lingua tagliente del simpatico gatto, l’autore ci porta in un dedalo di labirinti pieni di personaggi stravaganti in cui si dipana un percorso di crescita in cui il potere della lettura diventa essenziale.

Il linguaggio scorrevole e fresco di Natsukawa fa immergere completamente il lettore nel racconto e lo porta per mano fino al messaggio conclusivo del racconto: il frutto della lettura non può maturare se rimane esclusivamente legato alle sue pagine, ma affinché ciò accada esso deve trapelare fuori dalla pagina.

Il vero potere dei libri, infatti, è l’empatia che nasce e cresce ogni volta che leggiamo una nuova storia.

"Nei libri sono descritti i pensieri di molte persone. Persone che soffrono, che si rattristano, che gioiscono, che ridono... venendo a contatto con le loro parole e le loro storie ci si immedesima e si provano le stesse sensazioni e questo ci permette di conoscere meglio l'animo altrui. [...]"

Se i libri rimangono semplicemente dove sono non diventano altro che un mucchio di carta. Anche i capolavori che celano in sé un enorme potere, anche le grandi opere che raccontano storie meravigliose, se non vengono aperti alla fin fine non sono che pezzi di carta ritagliata. Ma se in essi viene profusa la cura e l’attenzione delle persone, nei libri che continuano ad essere trattati con rispetto va ad insediarsi un’anima.
– Il gatto che voleva salvare i libri –

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Recensione: “Un lavoro perfetto” di Tsumura Kikuko

Recensione: “Un lavoro perfetto” di Tsumura Kikuko

Scheda tecnica

Un lavoro perfetto

Autore: Tsumura Kikuko
Genere: Narrativa straniera
Editore: Marsilio
Data di uscita: 03/06/2021
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 2021
Pagine: 320

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Trama

Nel suo ruolo di consulente del lavoro, la signora Masakado è abituata a incontrare le persone più stravaganti, ad accogliere le richieste più insolite, e in genere è in grado di accontentare tutti. Così, quando una giovane donna si presenta presso la sua agenzia, è sicura di avere l’offerta adatta a lei. Dopo essersi licenziata in seguito a un esaurimento nervoso, la donna sembra infatti avere le idee molto chiare su ciò che vuole: oltre a essere vicino a casa, il nuovo impiego dovrà prevedere solo mansioni semplici e non offrire prospettive di carriera; dovrà essere, insomma, del tutto privo di sostanza, al limite tra il gioco e l’attività seria. Nelle singolari occupazioni che si prende in carico – dal sorvegliare uno scrittore sospettato di attività di contrabbando a inventare consigli che impreziosiscono la confezione di una marca di cracker di riso –, la neoassunta cerca soprattutto di non lasciarsi coinvolgere troppo. Ma nel suo saltare da un posto all’altro, nel suo acquisire regolarmente più responsabilità di quelle desiderate e ruoli più complicati del previsto, le diventa sempre più chiaro che non solo il lavoro perfetto non esiste, ma che quello che sta veramente cercando è qualcosa di molto più profondo. Ogni cambiamento comincia così a rappresentare una nuova fase di crescita interiore, fino alla consapevolezza che in tutto ciò che si fa c’è qualcosa di magico, di unico e di appagante, e che dobbiamo solo trovare (o non perdere) l’energia per riconoscerne la bellezza. Ironico e tenero, il romanzo di Tsumura Kikuko è una commedia dolceamara che, con la leggerezza, l’umorismo deliziosamente paradossale e un pizzico di surrealismo, tipici di tanta letteratura giapponese, racconta della ricerca, spesso vana, di un senso nel mondo del lavoro di oggi. Con un finale a sorpresa.

Ciao a tutti miei cari lettori per la serie #Giappapost, oggi vi porto la recensione di questo romanzo di Tsumura Kikuko, uscito quest’anno per la Marsilio Editore.

Ho acquistato questo libro intrigata dalla trama e dal tema. Quanti di noi oggi si trovano invischiati con le problematiche legate al lavoro? Credo di poter dire molti di noi, sicuramente io sì ed è per questo che già dalla trama mi sono ritrovata in questa storia.

Il mondo di oggi, specialmente la parte legata al mondo del lavoro è decisamente caotica e piena di problemi e rischia di mandarci in crisi come è successo alla protagonista del nostro romanzo.

L’autrice con una scrittura semplice ed ironica ci porta nella vita della protagonista che decide di dimettersi dal proprio lavoro, svolto per ben quattordici anni, a causa di un esaurimento nervoso. Sapendo di non poter vivere senza lavorare decide di svolgere unicamente lavori semplici in cui sia difficile farsi coinvolgere.

Passando, però, da un lavoro all’altro si renderà ben presto conto che questo suo desiderio sembra impossibile e trovandosi invischiata in situazioni a volte al limite del surreale riuscirà a comprendere quale sia la sua strada e che il lavoro perfetto non esiste.

Ho apprezzato molto il modo di scrivere dell’autrice, era il suo primo romanzo che leggevo, ma devo dire che non mi ha per niente delusa. È stata una lettura divertente che allo stesso tempo mi ha dato modo di riflettere portandomi alla consapevolezza che non bisogna sempre avere il controllo su tutto, che qualsiasi lavoro ha i suoi alti e bassi e che non bisogna sempre essere dei supereroi, ma che l’importante è fare del nostro meglio e saper accettare anche le nostre debolezze.

Non ho intenzione di farmi coinvolgere più di quanto sia strettamente necessario. Ho smesso con certe cose
– Un lavoro perfetto –

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Recensione: “Vento e Flipper” di Haruki Murakami

Recensione: “Vento e Flipper” di Haruki Murakami

Scheda tecnica

Vento e Flipper

Autore: Haruki Murakami
Genere: Narrativa straniera
Editore: Einaudi
Data di uscita: 23/05/2017
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 1979/1980

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Trama

Un giorno, a ventinove anni, Murakami è allo stadio a guardare una partita di baseball quando, osservando la traiettoria della palla finire nel guantone di un giocatore, ha come un’illuminazione: lui, un giorno, diventerà uno scrittore. Tornato a casa, sul tavolo della cucina inizia a scrivere un romanzo e poi un altro ancora: Ascolta la canzone del vento e Flipper, che raccontano la storia di un ragazzo di vent’anni con la voglia sfrenata di scrivere un «romanzo bello». Nel frattempo, però, fuma, beve, pensa alle ragazze con cui in passato ha fatto l’amore. Le cataloga, le evoca. E chiacchiera con un suo amico, ancora più cinico e disilluso di lui, nella convinzione di poter trasformare la realtà con le parole. Ma l’età adulta è li ormai a un passo e il tempo non può fare sconti a nessuno.

Vento & Flipper sono i primi due romanzi o racconti se vogliamo essere precisi pubblicati dall’autore, collegati tra di loro in quanto narrano la storia di un unico personaggio in due fasi diverse della vita.

Inizialmente lo troviamo come studente universitario, mentre successivamente verranno narrate le vicende della sua vita adulta.

Fatto particolare è che il primo libro inizia con una spiegazione di come il personaggio durante una partita di baseball abbia avuto l’illuminazione di diventare scrittore e di come è stato e cos’è la scrittura per lui.

Solo in seguito è narrata la sua vita da studente all’università di Tokyo e la sua vita nella città natale durante il soggiorno estivo a bere birra con il suo amico il Sorcio, ragazzo ricco e perdigiorno.

Uno dei luoghi principali e più importanti è il bar del cinese Jay che fa da sfondo a varie vicende nei due libri: un punto d’approdo per i due amici in cerca di un loro posto nel mondo.

Nel secondo racconto, c’è la vita adulta in un’atmosfera decisamente surreale: il nostro protagonista è alle prese con il suo lavoro da traduttore e vive con due gemelle di cui non sa nulla.

Nella sua città sono rimasti invece il barista Jay e il suo amico Sorcio ancora statico, relegato a quel luogo che non gli procura cambiamenti. Neppure la storia con una donna in riva alla spiaggia presuppone un vero e proprio progresso nel personaggio. Indolente rispetto alla vita e al futuro, fino a che il pensiero di un cambiamento non sfiorerà la sua mente.

Fanno da sfondo alle vicende funerali a pannelli di controllo e la ricerca di un flipper ormai andato in disuso, ritroviamo così quelle pennellate surreali che l’autore è solito dare ai suoi scritti.

Nonostante si noti la scrittura ancora acerba del nostro autore che risulta quindi anche decisamente più lenta rispetto ad altre sue opere, si percepisce già in potenza quello che la sua scrittura diventerà nel corso degli anni come ce lo hanno dimostrato le sue opere successive.

– Sai, gli esseri umani sono terribilmente maldestri. Molto di più di quanto tu immagini.
Il Sorcio vuotò nel bicchiere la birra che restava nella lattina, e la bevve in un sorso.
– Non so che fare.
Jay annuì più volte.
– Non riesco a prendere una decisione.
– È l’impressione che mi hai dato, – disse Jay. Poi sorrise, sembrava stanco di parlare.
Il Sorcio si alzò lentamente, rimise il pacchetto e l’accendino in tasca. Sull’orologio era l’una passata.
– Buonanotte, – disse.
– ‘notte…- rispose Jay. – Ah, senti. Cammina adagio, e bevi molta acqua. Non so più chi l’abbia detto.
Il Sorcio gli sorrise, aprì la porta, salì le scale. I lampioni illuminavano a giorno la strada deserta. Il Sorcio si sedette sul guardrail e alzò gli occhi a osservare il cielo. Ma quanta acqua doveva bere, perché bastasse?, pensò.
– Vento & Flipper –

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Recensione: “Ogni giorno è un buongiorno” di Noriko Morishita

Recensione: “Ogni giorno è un buongiorno” di Noriko Morishita

Ogni giorno è un buongiorno

Autore: Noriko Morishita
Genere: Saggi letterari
Editore: Einaudi
Data di uscita: 28/01/2020
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 2002

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Trama

Non lo sapeva nemmeno Morishita Noriko quando, ventenne, cominciò a frequentare le lezioni della signora Takeda per eseguire la cerimonia del tè. Né sapeva che quelle prime lezioni erano l’inizio di un cammino che sarebbe durato tutta la vita. Ogni giorno è un buon giorno è il racconto di una tradizione antichissima, dei suoi rituali, della sua filosofia piú profonda e delle gioie che può regalare. A tutti noi. «Ci sono cose che puoi provarci quanto e come vuoi ma non le capisci finché non arriva il momento giusto. Però quando poi un giorno le capisci, dopo non puoi far finta di niente». La cerimonia del tè è uno dei riti tradizionali piú affascinanti del Giappone. I monaci buddisti del sedicesimo secolo hanno codificato ogni passaggio di questo rituale che, attraverso i gesti piú semplici, chiama i partecipanti a concentrarsi sulla profonda ricerca di se stessi. Con quella sua ritualità che immutata attraversa i secoli, la cerimonia del tè sembra qualcosa di molto lontano dalla vita di tutti i giorni. Lo sembrava anche a Morishita Noriko quando, studentessa svogliata e indecisa sulla strada da intraprendere, su consiglio della madre prese a frequentare un corso sulla cerimonia del tè. Non sa che quelle prime lezioni sono l’inizio di un viaggio che durerà tutta la vita. I momenti dedicati alla cerimonia del tè, ai suoi riti, alla meditazione che impone e, contemporaneamente, dischiude diventano momenti per trovare un senso alle prove che la vita mette davanti a Noriko: un matrimonio annullato poche settimane prima della cerimonia, il tentativo di conciliare il lavoro con il privato, un trasferimento oltreoceano… il caos della vita si riconcilia nel tempo concentrato di una tazza di tè.

Miei cari amici lettori eccomi tornata con una nuova recensione e per la precisione con un #giappapost, cioè un’altra delle mie letture ambientata in Giappone scritto da un’autrice giapponese.

Più vado avanti con la lettura di autori del Sol levante, più rimango incantata dal loro modo di scrivere, ovvio ci sono pur sempre delle eccezioni, ma quasi tutti quelli che ho letto mi sono piaciuti e questo non fa eccezione.

Ogni giorno è un buongiorno è un longseller, ossia è un libro che da quando è uscito è rimasto sempre in cima alle classifiche e se ne capisce il motivo leggendolo. È una lettura dai tratti autobiografici in cui l’autrice ci parla della cerimonia del tè e di come questo rito che fa parte della tradizione si intrecci con i cicli delle stagioni, ma soprattutto con le stagioni della vita.

La narrazione, infatti, si snoda tra i 20 e i 50 anni dell’autrice, ossia da quando ha iniziato ad apprendere la cerimonia per la prima volta fino a quando è diventata maestra a sua volta. Una lettura che ci porta dentro la sua vita che può essere la vita di ognuno di noi; infatti devo ammettere che in molti suoi pensieri e in alcune delle sue esperienze mi ci sono ritrovata, è stato un po’ come guardarsi allo specchio.

Ed essenzialmente è stato solo questo, perché questo non è un libro che da risposte, ma che pone domande al quale ognuno può rispondere come meglio crede, perché nella cerimonia del tè non c’è un giusto e sbagliato tranne nell’esecuzione del rito stesso che ha regole molto rigide, ma soprattutto non c’è un tempo. Ognuno può arrivare a comprenderla nel momento più opportuno per lui perché come dice l’autrice stessa “il tè accoglie ognuno di noi così com’è”.

È stata una lettura intensa che mi è entrata dentro e che penso sia arrivata nel momento giusto come solo i migliori libri sanno fare. D’altra parte è stata anche una lettura difficile: sebbene io sia ormai abituata a molti termini giapponesi e ne conosca il significato, in questo caso mi sono imbattuta in termini completamente nuovi che fanno parte della cerimonia e sono stata costretta molte volte a fare avanti e indietro tra la narrazione ed il glossario per capire appieno quest’arte.

Mi sono dovuta quindi soffermare più a lungo nella lettura di alcune parti per assimilarle bene, per avere ben chiaro ogni sfumatura della cerimonia che mi veniva narrata.

Nonostante questo, la lettura è comunque scivolata via in modo scorrevole, dandomi un delizioso senso di calore proprio come una buona tazza di tè. 🍵

Succedono tante cose, ma tu vivi con calma. Costruisci te stessa prendendo tutto il tempo necessario. La vita è vivere il momento in prospettiva.
– Ogni giorno è un buongiorno –

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