Recensione: “La foresta d’acqua” di Kenzaburō Ōe

Recensione: “La foresta d’acqua” di Kenzaburō Ōe

Buona giornata miei cari amici lettori, oggi voglio parlarvi di questa lettura dello scrittore premio Nobel per la letteratura, Kenzaburō Ōe. È stata una lettura non facile, a cui ho dovuto prestare particolare attenzione, ma che ho decisamente apprezzato.

Scheda tecnica

La foresta d’aqua

Autore: Kenzaburō Ōe
Genere: Narrativa domestica
Editore: Garzanti
Data di uscita: 07/11/2019
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 2019
Pagine: 479

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Trama

La tempesta imperversa sul fiume, ma la luna buca la coltre di nubi e illumina a giorno la figura di un uomo inghiottito dalle onde. È questo il sogno che tormenta Choko Kogito da quando suo padre è annegato, anni prima, proprio in quelle acque. Da allora, ha cercato di affidare alle pagine di un romanzo il senso di smarrimento che ancora prova, ma non ci è mai riuscito. Finché sua sorella Asa lo invita a tornare nella valle natia dello Shikoku: ad attenderlo c’è una valigia rossa che contiene alcuni documenti del padre che potrebbero aiutarlo a sciogliere i nodi del suo passato e a mettere fine a una crisi d’ispirazione durata troppo a lungo. Kogito non esita un istante a lasciare Tokyo per tornare nel luogo in cui è cresciuto. Qui, giorno dopo giorno, cerca di trovare un senso a eventi che la sua immaginazione ha ormai trasfigurato e di mettere ordine dentro sé stesso. Ma si rende conto che da solo non può riuscirci. Ha bisogno di qualcuno con cui condividere le difficoltà e che sia in grado di guidare il suo sguardo nella giusta direzione. Ed è nella giovane Unaiko che trova l’aiuto desiderato. Come lui, l’aspirante attrice nasconde profonde fragilità e sa cosa significhi passare la vita alla ricerca di un finale che tarda ad arrivare. Dopo il loro fortuito incontro, Kogito e Unaiko iniziano a collaborare alla stesura di una complessa sceneggiatura teatrale. Perché sono convinti che unendo le forze potranno ritrovare la linfa creativa necessaria a dar voce a ciò che finora è stato solo silenzio.

La foresta d’acqua, una delle ultime uscite del premio Nobel per la letteratura Kenzaburō Ōe è una lettura dalle mille sfaccettature.

Approcciarvisi richiede un certo impegno per individuare tutti i sostrati dell’opera. Per una più profonda comprensione credo sia necessario conoscere la vita dell’autore in quanto in questo romanzo il protagonista non è altro che l’alter ego dell’autore.

I fatti e le tematiche narrate prendono, infatti, spunto da avvenimenti davvero accaduti a Kenzaburo e vengono rielaborati in modo da dargli più ampio respiro.

Il romanzo parte dal protagonista Kogito alle prese con la stesura del suo ultimo romanzo “Il romanzo dell’annegamento” sua opera ultima che vuole narrare l’episodio della morte del padre avvenuta fuggendo in barca nel fiume in tempesta. Il romanzo tarda ad arrivare perché a Kogito mancano informazioni preziose di quella notte, che egli pensa di trovare solo nella valigetta rossa custodita da sua madre.

L’occasione di mettere finalmente mano sull’agognata valigia si presenta dopo la morte della madre, quando sua sorella Asa lo invita nello Shikoku, sua città natale consegnandogli la valigia. Il ritorno a casa coinciderà con il riprendere in mano quei ricordi ormai trasfigurati in sogni.

Il lavoro di Choko Kogito si intreccerà con la compagnia del Caveman Group impegnata a ricreare dall’ultimo romanzo dell’autore un’opera teatrale summa di tutte le sue opere precedenti. Il progetto però naufragherà nel momento in cui Choko si renderà conto di non poter scrivere “Il romanzo sull’annegamento” e abbandonerà la sua opera.

Dalla compagnia però emerge il personaggio di Unaiko che insieme alla sorella di Kogito sarà l’espressione del femminismo che troviamo nel romanzo, ma soprattutto sarà lei ad incarnare le tematiche della violenza sulle donne e sui bambini, mettendo in scena uno spettacolo che narra avvenimenti vicini a quello che è successo alla stessa Unaiko.

Insieme a tutto scorgiamo il tema della paternità, non solo sublimato negli eventi della morte del padre di Kogito, ma anche nel suo rapporto con il figlio Akari afflitto sin dalla nascita da una lesione celebrale, altro tema che Kenzaburo riprende dalla sua vita reale. Per cui troviamo una paternità che deve fare i conti con la disabilità vista ancora con grandi pregiudizi.

Se da un lato si riscontrano tutti temi legati all’individualità e soggettività dei personaggi emerge comunque una visione comunitaria in cui le vicende narrate e in particolar modo quelle legate all’annegamento del padre di Choko Kogito si legano alla storia del Giappone e al suo ricordo.

Un libro complesso improntato su una narrazione che scorre lenta e molto spesso ripetitiva, una ripetitività che rallenta molto la lettura, ma che si nota subito essere una scelta stilistica dell’autore. Kenzaburo, inoltre, riesce ad affrontare ogni singola tematica tematica in modo profondo non lasciando nulla sulla superficie, ma scavando quanto vi è sotto e le lega insieme attraverso una narrazione esemplare.

Il fiume più lungo scorre dentro di noi. Solo risalendo la corrente possiamo conoscere la verità

– La foresta d’acqua –

L’autore: Kenzaburō Ōe

1935, Isola di Shikoku (Giappone)

Scrittore giapponese, Kenzaburo Oe ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura nel 1994, oltre a numerosi altri riconoscimenti tra cui il premio Europalia e il premio Mondello. Sempre presente nella vita pubblica, ha fatto sua la campagna contro l’energia nucleare. A ventidue anni ha vinto il premio Akugatawa per il racconto Animale d’allevamento. Nel 1961 scrisse Seebuntiin in cui descriveva l’ambiente del fanatico estremismo nazionalista di destra. Nel 1963 nacque il suo primo figlio Hikari (Luce), affetto da una gravissima lesione cerebrale. Quest’eperienza lasciò una traccia profonda nella sua opera. Con Un’esperienza personale (1964) Oe descrive la vicenda di un padre che rifiuta la menomazione del figlio e pensa di ucciderlo. Il libro è un atto d’accusa contro i pregiudizi sociali nei confronti dell’handicap. Nel 1967 vinse il premio Tanizaki con Il grido silenzioso, mentre nel 1996 il Premio Grinzane Cavour. Tra le altre sue opere ricordiamo: Il salto mortale (Garzanti 2006), Insegnaci a superare la nostra pazzia (Garzanti 2009), La vergine eterna (Garzanti 2011), L’eco del paradiso (Garzanti 2015) e La foresta d’acqua (Garzanti 2019).

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