Un businessman all’apice della carriera sta per diventare titolare dell’azienda di famiglia. Genitori pronti a passare il testimone. Quando il destino sembra controfirmato, un libro dimenticato per decenni sconvolge i piani dell’azienda, e della vita. A pochi giorni dalla conferenza in cui gli azionisti avrebbero appreso il cambio epocale nella guida dell’azienda, l’uomo d’affari intraprende così un viaggio che lo riporta nei luoghi dell’infanzia e lo espone ai rischi e alle sorprese del naufragio interiore.
Chiacchierando con l’autore
Quando e come nasce la tua passione per la scrittura?
G: I primi esperimenti con le parole risalgono alle scuole elementari! E, se volete ridere, un testo scritto da bambino, con le debite modifiche, è diventato nel 2019 il mio primo libro per l’infanzia (“Pizza Story”, illustrato da Nayrams Marianna Salerno). Al liceo, complici i “Miti poesia” (libricini da 3900 lire pubblicati dalla Mondadori), mi sono avvicinato alla scrittura in versi. Molte bozze diventavano testi di canzone (ho sempre suonato in delle rock band con gli amici) ma alcuni sono rimasti come poesie. Dalla prima raccolta (2018) a oggi (2022) ho pubblicato tre libri di poesie (+ una plaquette), due per l’infanzia e un romanzo. Scrivere è molto faticoso, ma l’idea che esista una traccia del Giorgio che è stato in quel preciso momento, mi affascina.
Com’è nata l’idea per questo romanzo?
G: Penso a “Grand Hotel dei Ricordi” come a un cocktail. Di generi letterari, di emozioni, di sensazioni, di simboli, di situazioni, di avventure, di rivincite. Di opportunità. L’idea alla base è un riscatto sulla propria vita, su quello che gli altri pensano di noi, su quello che ci viene assegnato. Nel libro si parla di lavoro, di arte, di musica, di famiglia, di amicizia. L’idea è nata da una passeggiata al mare con amici: nella sabbia abbiamo trovato una lettera e un fiore. Da lì, la mia fantasia ha attraversato il mare e ha concepito alcune delle scene che leggerete nelle pagine del romanzo.
Come mai proprio questo genere/storia?
G: L’opera è totalmente di fantasia, ma l’ambientazione in ufficio (almeno, nella prima parte) mi è familiare; mi toccano i temi dell’infanzia, della musica, dell’amicizia. In un periodo delicato come quello che stiamo vivendo, un romanzo che parli di seconde opportunità, di radici, di atmosfere trasognate, ma anche di impegno e di lavoro, mi sembrava la ricetta giusta
Hai altri progetti letterari in mente per il prossimo futuro?
G: Dai riscontri su Grand Hotel dei Ricordi capirò come migliorarmi in vista di un auspicato secondo romanzo. Qualcosa bolla in pentola, ma la cottura sarà molto lunga. La passione per la poesia non demorde. Insomma, non smetto di appuntarmi sul cellulare nuove idee per le scritture che verranno.
Quarta di copertina
«Con Grand Hotel dei Ricordi, Giorgio Montanari ci ricorda che ogni essere umano ha un’origine e che quella origine è foriera di destino, nel bene come nel male. Un romanzo sull’amicizia e la seduzione della nostalgia, che batte pagina dopo pagina». Daniele Mencarelli (poeta e scrittore Mondadori, premio Strega giovani 2020)
L’autore: Giorgio Montanari
Giorgio Montanari (1982) è nato a Parma, dove vive, lavora come impiegato commerciale e collabora con testate giornalistiche. Ha pubblicato le sillogi poetiche Finzioni di Poesia (2018), Nella Purezza (2019), Abituarsi all’invisibile (2022), la plaquette Impressioni Francesi (2021), e i libri illustrati per bambini Pizza Story (2019) e Di tutt’altra pasta (2022). Il 2022 segna anche l’esordio in narrativa con Grand Hotel dei Ricordi.
Vive immersa tra l’odore della carta e dell’inchiostro. Appassionata lettrice ha compiuto studi umanistici e spera di diventare una brava scrittrice e una brava insegnante
Natalina, Natalie per gli amici, ha quasi 24 anni, è nata il 24 Dicembre e odia il Natale.
Sempre alla ricerca di un lavoro, trova un annuncio strano, poco credibile: Babbo Natale sta cercando aiutanti. Pur non credendo sia vero viene convocata ed assunta. Trenta giorni di preparazione alle feste in continuo contatto con persone che millantano di essere personaggi inventati e Christopher, l’affascinante collega troppo bello per essere vero.
Cosa potrà mai andare storto? Tra dolciumi, letterine e magia una storia d’amore che ci farà tornare a credere nel Natale.
Buona giornata a tutti miei cari amici lettori, in questa giornata di festa vi porto la recensione di una simpatica novella natalizia, letta grazie ad una collaborazione con autrice che ci terrei molto a ringraziare per avermi fatto leggere la sua opera.
Trenta giorni a Natale è una novella che si legge tutta d’un fiato e ha al suo interno molti degli elementi che mi piacciono in una storia: un po’ di dramma (che non guasta mai), una storia d’amore e un pizzico di magia, in questo caso magia natalizia.
Mi sono divertita a leggere questo libro che mi ha catturato subito non solo per la scrittura molto scorrevole che procede senza intoppi, ma soprattutto per i personaggi: delineati davvero bene, soprattutto la protagonista. Il racconto, che si svolge in prima persona ci catapulta immediatamente nelle avventure/disavventure di Natalie, ragazza che odia fortemente il Natale, ma che suo malgrado si ritrova a lavorare in una strana fabbrica di giocattoli che sembra proprio quella di Babbo Natale.
Ho amato e odiato allo stesso tempo questo personaggio tanto che ammetto che molte volte le avrei urlato contro: “Ma che cavolo stai combinando?” eppure non si può non empatizzare con lei visto quello che le capita e anche l’ingenuità con cui molto spesso lo affronta, tanto che ci si ritrova a sperare fino all’ultimo che il tutto si risolva per il meglio e come può essere altrimenti quando di mezzo c’è la magia del Natale?
Questo andirivieni di emozioni nei confronti del personaggio a mio parere dimostra quanto esso sia ben costruito dall’autrice e permette al lettore di calarsi completamente nel racconto.
In conclusione,Trenta giorni a Nataleè una commedia leggera e divertente con cui trascorrere piacevolmente le giornate di festa, ma che può benissimo essere letta in qualsiasi momento dell’anno, perché in fondo un po’ di spirito natalizio è bene portarselo dietro ogni giorno!
Non sempre ciò che ci manca è quello che davvero ci serve – Trenta giorni a Natale –
Vive immersa tra l’odore della carta e dell’inchiostro. Appassionata lettrice ha compiuto studi umanistici e spera di diventare una brava scrittrice e una brava insegnante
Un giorno, a ventinove anni, Murakami è allo stadio a guardare una partita di baseball quando, osservando la traiettoria della palla finire nel guantone di un giocatore, ha come un’illuminazione: lui, un giorno, diventerà uno scrittore. Tornato a casa, sul tavolo della cucina inizia a scrivere un romanzo e poi un altro ancora: Ascolta la canzone del vento e Flipper, che raccontano la storia di un ragazzo di vent’anni con la voglia sfrenata di scrivere un «romanzo bello». Nel frattempo, però, fuma, beve, pensa alle ragazze con cui in passato ha fatto l’amore. Le cataloga, le evoca. E chiacchiera con un suo amico, ancora più cinico e disilluso di lui, nella convinzione di poter trasformare la realtà con le parole. Ma l’età adulta è li ormai a un passo e il tempo non può fare sconti a nessuno.
Vento & Flipper sono i primi due romanzi o racconti se vogliamo essere precisi pubblicati dall’autore, collegati tra di loro in quanto narrano la storia di un unico personaggio in due fasi diverse della vita.
Inizialmente lo troviamo come studente universitario, mentre successivamente verranno narrate le vicende della sua vita adulta.
Fatto particolare è che il primo libro inizia con una spiegazione di come il personaggio durante una partita di baseball abbia avuto l’illuminazione di diventare scrittore e di come è stato e cos’è la scrittura per lui.
Solo in seguito è narrata la sua vita da studente all’università di Tokyo e la sua vita nella città natale durante il soggiorno estivo a bere birra con il suo amico il Sorcio, ragazzo ricco e perdigiorno.
Uno dei luoghi principali e più importanti è il bar del cinese Jay che fa da sfondo a varie vicende nei due libri: un punto d’approdo per i due amici in cerca di un loro posto nel mondo.
Nel secondo racconto, c’è la vita adulta in un’atmosfera decisamente surreale: il nostro protagonista è alle prese con il suo lavoro da traduttore e vive con due gemelle di cui non sa nulla.
Nella sua città sono rimasti invece il barista Jay e il suo amico Sorcio ancora statico, relegato a quel luogo che non gli procura cambiamenti. Neppure la storia con una donna in riva alla spiaggia presuppone un vero e proprio progresso nel personaggio. Indolente rispetto alla vita e al futuro, fino a che il pensiero di un cambiamento non sfiorerà la sua mente.
Fanno da sfondo alle vicende funerali a pannelli di controllo e la ricerca di un flipper ormai andato in disuso, ritroviamo così quelle pennellate surreali che l’autore è solito dare ai suoi scritti.
Nonostante si noti la scrittura ancora acerba del nostro autore che risulta quindi anche decisamente più lenta rispetto ad altre sue opere, si percepisce già in potenza quello che la sua scrittura diventerà nel corso degli anni come ce lo hanno dimostrato le sue opere successive.
– Sai, gli esseri umani sono terribilmente maldestri. Molto di più di quanto tu immagini. Il Sorcio vuotò nel bicchiere la birra che restava nella lattina, e la bevve in un sorso. – Non so che fare. Jay annuì più volte. – Non riesco a prendere una decisione. – È l’impressione che mi hai dato, – disse Jay. Poi sorrise, sembrava stanco di parlare. Il Sorcio si alzò lentamente, rimise il pacchetto e l’accendino in tasca. Sull’orologio era l’una passata. – Buonanotte, – disse. – ‘notte…- rispose Jay. – Ah, senti. Cammina adagio, e bevi molta acqua. Non so più chi l’abbia detto. Il Sorcio gli sorrise, aprì la porta, salì le scale. I lampioni illuminavano a giorno la strada deserta. Il Sorcio si sedette sul guardrail e alzò gli occhi a osservare il cielo. Ma quanta acqua doveva bere, perché bastasse?, pensò. – Vento & Flipper –
Vive immersa tra l’odore della carta e dell’inchiostro. Appassionata lettrice ha compiuto studi umanistici e spera di diventare una brava scrittrice e una brava insegnante
Innaturale coscienza, quando si viene sfiorati da un gelido tatto, e il mondo si dissolve da non esistere più. Ogni cosa è immersa nelle tenebre. Attimi di lucidità che giocano molto sulla labile linea di demarcazione fra incubo e realtà. Ed è ciò che accomuna le cinque favole horror raccolte nell’antologia. Un vascello di parole, disturbanti e grottesche, come un cantino lugubre, che ha radunato una marmaglia composta da: un lupo mannaro, una strega, un’orda di scheletri, un demone e un perfido custode di un cimitero.
Miei cari booklover eccoci di nuovo qui per parlare di un’altra lettura. Il libro è sempre una collaborazione e l’autrice come vi accennavo è sempre Alessia Piemonte autrice del libro “Perle di thriller”.
Questa volta la nostra autrice ci diletta con delle fiabe, ma non sono delle fiabe qualsiasi quelle che ci accingiamo a leggere. La penna dell’autrice riporta a galla miti e atmosfere da incubo.
La scrittura come sempre è brillante e molto accurata, c’è di nuovo il giusto mix di suspense e elementi macabri. Le fiabe della Piemonte per certi aspetti mi hanno ricordato quelle dei fratelli Grimm della prima edizione, quando ancora i testi non erano stati modificati ed edulcorati come nelle versioni successive per essere adattate ad un pubblico di bambini.
Pertanto rispetto al libro precedente legato al genere thriller, qui ci ritroviamo catapultati in un’atmosfera decisamente surreale ed è proprio questo aspetto a rendere la lettura interessante ed intrigante: l’emergere delle nostre paure più recondite.
Posso dire sinceramente che ho letto con piacere queste fiabe e che la lettura è stata coinvolgente e mai noiosa anche se ammetto di aver preferito molto di più l’altro libro dell’autrice, ma questo esclusivamente per una preferenza personale: leggo molto più volentieri il genere thriller.
Ciò nonostante è sicuramente una lettura che consiglio.
Vive immersa tra l’odore della carta e dell’inchiostro. Appassionata lettrice ha compiuto studi umanistici e spera di diventare una brava scrittrice e una brava insegnante
Dalla tragica morte della moglie, A.J. Fikry è diventato un uomo scontroso e irascibile, insofferente verso gli abitanti della piccola isola dove vive e stufo del suo lavoro di libraio. Una sera, però, tutto cambia: rientrando in libreria, A.J. trova una bambina che gironzola nel reparto dedicato all’infanzia; ha in mano un biglietto, scritto dalla madre: “Questa è Maya. Ha due anni. È molto intelligente ed è eccezionalmente loquace per la sua età. Voglio che diventi una lettrice e che cresca in mezzo ai libri. Io non posso più occuparmi di lei. Sono disperata”. Seppur riluttante, A.J. decide di adottarla, lasciando così che quella bambina gli sconvolga l’esistenza.
Miei cari amici booklover torno come ogni volta a parlarvi di una nuova lettura! Quest’oggi il libro è una delle letture scelte direttamente da voi, sto parlando di “La misura della felicità” di Gabrielle Zevin.
Questo libro l’avevo visto qualche anno fa e l’avevo messo nella mia chilometrica lista delle letture, ma non sono riuscita ad acquistarlo fino allo scorso anno e a leggerlo solo di recente.
La trama mi aveva ispirato sin da subito e ammetto che anche la copertina aveva fatto la sua parte ed in effetti è stato un buon acquisto.
Il libro mi è veramente piaciuto: è una di quelle storie delicate ed un po’ tragiche dove traspare innanzi tutto l’amore per i libri, ma nonostante sia un racconto che parla di libri non è noioso, scorre molto bene e il linguaggio è semplice e fluido.
La storia del libraio di Alice Island che dopo la morte della moglie riesce a tornare alla vita quando si ritrova nel suo negozio una bambina di due anni e decide di adottarla fa sciogliere il cuore.
Ciononostante non è una storia sdolcinata e troppo mielosa è semplicemente dolce, ma anche un po’ amara. Un amaro dato dai momenti tragici che accadono ai nostri personaggi.
La tragicità di alcuni eventi diventa però anche la nota dolente del libro: sebbene mi sia piaciuto, ho trovato un po’ eccessivo il susseguirsi di disgrazie. Per un libro autoconclusivo sono un po’ troppe.
È vero che la vita non è rose e fiori e che l’amore e la morte sono i temi più trattati in quasi tutte le storie perché sono condizioni esistenziali che l’essere umano vive ogni giorno, eppure penso che di questi elementi specialmente della morte dei personaggi non bisognerebbe abusarne a meno che non si tratti di un giallo o di un thriller.
Nonostante tutto rimane una lettura che mi è piaciuta molto, che sicuramente consiglio di leggere anche se proprio per i motivi appena citati non me la sento di dare più di quattro stelle.
E anche per oggi è tutto, alla prossima lettura!
All’inizio, pensa che sia felicità, ma poi giunge alla conclusione che si tratta di amore. Di amore, porca miseria, pensa. Che scocciatura. Ha mandato all’aria i suoi progetti di bere fino ad ammazzarsi e di mandare in rovina la libreria. In più una volta che t’importa di qualcosa, comincia a importarti di tutto. E questa è la cosa più seccante. – La misura della felicità –
Vive immersa tra l’odore della carta e dell’inchiostro. Appassionata lettrice ha compiuto studi umanistici e spera di diventare una brava scrittrice e una brava insegnante
Vive immersa tra l'odore della carta e dell'inchiostro. Appassionata lettrice ha compiuto studi umanistici e spera di diventare una brava scrittrice e una brava insegnante