Recensione: “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello

Recensione: “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello

Uno, nessuno e centomila

Autore: Luigi Pirandello
Genere: Narrativa italiana classica
Editore: Newton Compton collana “I mammut”
Data di uscita: Novembre 2011
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 1926

Acquista: Libro Ebook

Trama

Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente”. Ha inizio così l’odissea di Vitangelo Moscarda, quando un commento distratto della moglie lo inchioda a una tremenda verità: gli altri ci vedono in modo diverso da come ci vediamo noi stessi. La sua vicenda è lo specchio della crisi dell’io, tra prospettive che mutano e punti di riferimento che si perdono. Tra gli esiti più nuovi della letteratura del Novecento, l’ultimo romanzo di Pirandello è la storia di un “naufragio dell’esistenza”: in seguito al cortocircuito iniziale, il protagonista arriva ad accettare l’incompletezza di sé attraverso la via della rinuncia e della solitudine, fino all’abbandono definitivo di ogni coesione interna, fino alla follia. Come ebbe a dire l’autore stesso, dei suoi romanzi “Uno, nessuno e centomila” è il “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita”.

Eccoci di nuovo qui, cari lettori! Quest’oggi voglio parlarvi del romanzo Uno, nessuno e centomila, che non è solo l’ultimo romanzo scritto da Pirandello, ma anche l’ultima tappa nel mio viaggio tra i romanzi di questo autore. Sono arrivata così all’ultimo atto e devo ammettere che un po’ mi dispiace: ho amato tantissimo Pirandello e le sue opere e certo potrei continuare ad intrattenermi con lui leggendo le sue novelle e le sue opere teatrali, tra l’altro alcune le ho già lette, ma devo ammettere che io sono più un tipo da romanzo per cui per il momento ho deciso di fermarmi qua.

Posso comunque dire che con questo romanzo chiudo davvero in bellezza, perché è stata una lettura sorprendente; un vero e proprio capolavoro! Il climax perfetto per il mio viaggio tra i suoi romanzi iniziato con L’esclusa.

In questo suo ultimo lavoro tramite il monologo del nostro protagonista Vitangelo Moscarda, Pirandello ci porta in un’esperienza dove la destrutturazione della realtà e del personaggio la fanno da padrona.

Non c’è più lo sdoppiamento che ritroviamo nel Il fu Matia Pascal, ma una suddivisione ancora più estesa che prende le mosse da come l’altro ci vede e come noi ci vediamo. Il motore iniziale, infatti, è proprio la moglie che fa notare al nostro Vitangelo che il suo naso pende un po’ a destra. Dettaglio apparente insignificante si potrebbe dire, ma che genera tutta una serie di interrogativi.

È l’inizio della scomposizione e al contempo dell’annullamento del personaggio, perché se per gli altri io sono diverso da come mi immagino, e notano dettagli in me che non pensavo di avere, allora chi sono io?

Sono quello che pensavo di essere o sono l’immagine che gli altri hanno di me? Ma io posso effettivamente vedermi? Da qui la supposizione del nostro personaggio che ci informa che è impossibile vedersi vivere.

Un testo con un linguaggio narrativo sublime che ci porta in un loop di interrogativi che ci impongono di dover riflettere fino a generare in noi la crisi di tutto ciò che è reale e che ci circonda.

In tutto questo aleggia come un’ombra sempre presente il tema della pazzia, elemento prettamente autobiografico in quanto l’autore ne viene a contatto per via della moglie che è costretta al ricovero proprio a causa di una malattia psichica.

“No, sa: non sta lì. Sta qui, Monsignore. Quel pazzo che vuole volare sono io.”

Con questo suo racconto Pirandello è arrivato al culmine della sua teoria umoristica e lo ha fatto portando alla luce “un romanzo, dunque, da morte del romanzo” come lo ha descritto Sergio Campailla nella prefazione al libro.

Un libro insomma da leggere e rileggere che non passerà mai di moda e che come altri capolavori travalica il concetto di tempo.

“Non già, badiamo, ch’io opponessi volontà a prendere la via per cui mio padre m’incamminava. tutte le prendevo. Ma camminarci, non ci camminavo. Mi fermavo a ogni passo; mi mettevo prima alla lontana, poi sempre più da vicino a girare attorno a ogni sassolino che incontravo, e mi meravigliavo assai che gli altri potessero passarmi avanti senza fare alcun caso di quel sassolino che per me intanto aveva assunto le proporzioni d’una montagna insormontabile, anzi d’un mondo in cui avrei potuto senz’altro domiciliarmi.
Ero rimasto così, fermo ai primi passi di tante vie, con lo spirito pieno di mondi, o di sassolini, che fa lo stesso. Ma non mi pareva affatto che quelli che m’erano passati avanti e avevano percorso tutta la vita, ne sapessero in sostanza più di me. M’erano passati avanti, non si mette in dubbio, e tutti braveggiando come tanti cavallini; ma poi, in fondo alla via, avevano trovato un carro: il loro carro; vi erano stati attaccati con molta pazienza, e ora se lo tiravano dietro. Non tiravo nessun carro, io; e non avevo perciò né briglie né paraocchi; vedevo certamente più di loro; ma andare, non sapevo dove andare.”
– Uno, nessuno e centomila –

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Recensione: “Il sottile filo che ci unisce” di Stefania Enne

Recensione: “Il sottile filo che ci unisce” di Stefania Enne

Il sottile filo che ci unisce

Autore: Stefania Enne
Genere: Romance “boys love”
Editore: Independently published
Data di uscita: 7/12/2020
Formato: Ebook
Anno pubblicazione: 2020

Acquista: Libro Ebook

Trama

Aiden Miller è un bambino introverso e asociale, ha uno sguardo freddo e tagliente che ha il potere di sconvolgere e raggelare il cuore della persona a cui viene rivolto. Noah Campbell è un bambino solare e socievole, ha un sorriso dolce e rassicurante che resta impresso come un marchio indelebile scaldando il cuore della persona a cui viene donato. Aiden e Noah si incontrano in un caldo pomeriggio di settembre, nel giardino di una bellissima villa di campagna che ospita un orfanotrofio: è odio a prima vista. Ma il destino sembra aver scelto un percorso opposto al loro volere legandoli indissolubilmente attraverso un filo rosso. Il padre di Noah decide di diventare il tutore di Aiden dandogli la possibilità di vivere una vita completamente diversa da quella che il fato sembrava avergli riservato. In questo modo i due ragazzi saranno però costretti a vivere sotto lo stesso tetto. Riusciranno a far cadere le barriere che li dividono per avvicinarsi lentamente l’uno all’altro?

Ciao a tutti amici lettori, eccoci di nuovo qui con una nuova recensione fresca fresca di giornata. Il libro di cui vi parlo oggi è una collaborazione con un’autrice, Stefania Enne che ringrazio moltissimo perché mi ha dato la possibilità di leggere e recensire il suo libro.

La storia rientra nella categoria delle boys love. Un genere che prende avvio in oriente, infatti nel paese del Sol levante sono molto in voga – tra le ragazze soprattutto – i manga yaoi, cioè quei manga dove la storia d’amore è per l’appunto incentrata tra due ragazzi. Inoltre il racconto riprende anche la tradizione orientale, nata in Cina e poi esportata anche in Giappone del filo rosso che unirebbe sin dalla nascita due persone che sono destinate ad incontrarsi e ad amarsi.

Mi ha fatto molto piacere leggere questa storia, essendo un’appassionata del Giappone e di manga giapponesi compresi gli yaoi è stato veramente piacevole ritrovare questo tipo di storia in un romanzo.

Il bello di queste narrazioni è che non pongono tanto l’accento sulla tematica omossessuale, ma semplicemente sulla storia d’amore in sé. La stessa autrice nella premessa ci tiene a sottolineare che non intende indagare gli aspetti psicologici o sociali dell’omosessualità e ho trovato questo appunto molto importante perché permette al lettore anche poco avvezzo a storie di questo tipo di interfacciarsi con i personaggi e con le loro vicende sotto un’ottica diversa senza alcun tipo di pregiudizio.

La storia che ci viene raccontata pur incentrandosi sulla storia d’amore tra Noah e Aiden tocca in realtà varie tematiche e questo è stato uno degli elementi che me l’hanno fatta apprezzare. Vediamo per esempio il tema dell’abbandono e la solitudine nel personaggio di Aiden: orfano che viene accolto dalla famiglia di Noah e la sua lotta interiore per abbattere i demoni che si porta dietro e poter finalmente accettare che anche lui può essere felice. Un riscatto, quindi, nei confronti del suo passato che lui riesce a raggiungere solo nel momento in cui permette a se stesso di lasciarsi amare.

L’autrice ha costruito molto bene i suoi personaggi, soprattutto quelli secondari che si interfacciano con i nostri due protagonisti; personalmente io ho adorato tantissimo il personaggio di Julian, che ammetto essere tra tutti il mio preferito. Mi è piaciuto vedere la sua evoluzione nella storia e leggere delle sue vicissitudini in campo sentimentale anche se alcune sue scelte mi hanno fatto un po’ storcere il naso a volte, ma è proprio questo che me lo ha fatto amare ancora di più.

In conclusione posso dire che è una storia che merita sicuramente di essere letta, sia per la storia in sé che per la scrittura che è fluida ben dettagliata, non annoia e riesce a catturare l’attenzione del lettore e a farlo immergere nelle vicende dei nostri beniamini.

L’unica pecca che forse ho trovato e che mi sento di sottolineare è stata nei dialoghi iniziali. La storia, infatti, parte dal primo incontro dei due ragazzi quando sono ancora alle elementari: Noah ha 8 anni e Aiden 10 e già dai loro primi dialoghi ho trovato il modo di parlare dei due poco adatto alla loro età e questo non mi ha permesso subito di entrare appieno nella vicenda perché in quel frangente mi sono sembrati poco credibili o più precisamente a sembrarmi poco credibili sono stati i dialoghi non tanto i personaggi. Ovviamente questa è una mia opinione personale, comunque a partire già dal momento della loro preadolescenza quando hanno iniziato a frequentare le scuole medie e poi andando avanti la storia mi ha coinvolto sempre di più, per cui posso dire che è certamente un libro che consiglio di leggere e che mi è piaciuto molto.

«Gli amici si baciano.» rispose stupidamente Noah.
«E noi siamo amici?» rincarò la dose Aiden, «Non credo che siamo mai stati amici un solo giorno da quando ci conosciamo.»
– Il sottile filo che ci unisce –

#prodottofornitoda Stefania Enne

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Recensione: “È così che si fa” di Giulia Rossi

Recensione: “È così che si fa” di Giulia Rossi

È così che si fa

Autore: Giulia Rossi
Genere: Narrativa italiana contemporanea
Editore: Nord
Data di uscita: 5/09/2019
Formato: cartaceo
Anno pubblicazione: 2019

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Trama

Se chiedessimo al professor Federico Gastaldi quando tutto è cominciato, lui risponderebbe d’istinto: «Quel pomeriggio d’ottobre. Proprio nel momento in cui mia moglie aveva più bisogno di me, io avevo altro per la testa e non ho nemmeno sentito il telefono. Da allora mi è andato tutto storto, e ho commesso fin troppi sbagli…» Questo romanzo, invece, inizia qualche mese dopo, una mattina di maggio, quando a scuola – un liceo classico di una cittadina di provincia – viene trovato un biglietto anonimo che subito viene fotografato e condiviso sulle chat di WhatsApp. È una confessione, uno sfogo, forse una lettera d’addio. Per gli insegnanti, l’autore è di sicuro uno studente, ma chi? L’ultimo a sapere dell’accaduto è come al solito Federico, che tornato a casa si accorge di avere il telefono pieno di notifiche. Legge i messaggi allarmati dei colleghi, infila la mano nella tasca dei pantaloni e impreca… Ha perso quello stupido biglietto, scritto di getto all’alba, e proprio nei corridoi della scuola! Nel giro di un paio di giorni, il biglietto diventa virale su Facebook e la storia monta a tal punto da interessare persino giornali e televisione. Ma un risvolto positivo in questa faccenda c’è. Mentre è freneticamente impegnato a non farsi scoprire e a proteggere la sua vita privata dalla curiosità dei social, Federico ha l’occasione di affrontare tutto ciò che è accaduto da quel famoso pomeriggio di ottobre a quella mattina di maggio. E così anche noi lettori, rivelazione dopo rivelazione, impareremo a conoscere davvero Federico, un brav’uomo che si è scoperto fin troppo fragile, al punto da commettere un ultimo, imperdonabile errore. Vittoria, una moglie allo stesso tempo presente e assente. E Matilde, una studentessa diversa dalle altre: testarda, intelligente e… innamorata. E assieme a loro ci renderemo conto che non c’è più posto per alibi, bugie e scorciatoie. Perché tutti noi sbagliamo nella vita, l’importante è avere la forza e il coraggio di riscattarci.

Ciao amici lettori eccomi qui oggi per parlarvi del libro È così che si fa romanzo d’esordio di Giulia Rossi pubblicato dalla Nord editore.

Il libro è uscito nel 2019 e ammetto di averlo notato subito in libreria, la copertina come al solito ha fatto il suo lavoro e mi ha colpito immediatamente.

Eh lo so, non si dovrebbe scegliere un libro dalla copertina, ma essendo appassionata di fotografia e grafica l’occhio volente o nolente mi ci cade sempre e ammetto che molto spesso leggo le trame proprio perché attirata dalla copertina, non sempre però poi la storia mi attira così tanto da acquistare il libro.

Questa volta invece sono stata attirata anche dalla trama, eppure non mi decidevo mai ad acquistarlo. Vuoi perché si riparlava un’altra volta di social, vuoi perché dalla trama avevo già intuito di cosa parlasse la storia e non sapevo se poteva essere un argomento che mi avrebbe completamente attirato; insomma per vari motivi non ero sicura al 100% di leggerlo.

Nonostante tutto c’era qualcosa che mi attirava di questo libro, forse curiosità non so. Non volevo certo cadere in una lettura prevedibile che mi avrebbe potuta annoiare, ma la parte di me che diceva di leggerlo era più forte e ora posso dire dopo averlo letto di aver fatto bene a dare retta a quell’istinto che mi diceva di acquistarlo.

È stata una lettura che mi ha sorpresa, le idee che mi ero fatta leggendo la trama non erano sbagliate. Avevo individuato l’andamento della storia, ma non tutte le altre cose che ci sarebbero state.

Ho divorato questo libro perché c’è veramente tanto dentro e l’autrice nel raccontare una vicenda che potrebbe capitare a chiunque di noi non è mai assolutamente banale.

I personaggi non so… è come se fossero tuoi amici che ti raccontano quello che capita nelle loro vite e tu stai lì ad ascoltarli e a volte sì anche un po’ a giudicarli. Sono così reali che a volte ti capita di prendertela con loro per le scelte che fanno, o ti dispiace quando tutto va a rotoli.

All’inizio potrai provare antipatia per Vittoria, la moglie di Federico troppo presa dal lavoro e dalla dieta, ma poi ne capirai i motivi e allora la tua opinione verrà completamente capovolta.

Come le persone che incontri ogni giorno, inizi a farti una tua opinione su di loro (perché non neghiamolo anche se non vogliamo giudicare gli altri, un’opinione ce la facciamo sempre è inevitabile!) e come capita con loro questa opinione viene completamente ribaltata.

È il racconto di una quotidianità disarmante che ci viene raccontata nella sua semplicità: la precarietà del lavoro di oggi; il fallimento; le scelte sbagliate; quanto possano essere pericolosi i social quando si tratta di privacy; l’amicizia; l’amore e perché no semplicemente la vita.

Un libro che mi è rimasto dentro parola dopo parola e di cui consiglio assolutamente la lettura

Non sapeva più dire se scavalcando la balaustra della terrazza ci fosse stato un momento in cui era stato davvero convinto di buttarsi di sotto. Ora gli sembrava di aver soltanto voluto provare l’ebbrezza di una decisione così assoluta. Quando ti sembra di non avere più potere su nulla, scegliere di farla finita diventa una paradossale affermazione di vitalità. Che effetto faceva non doversi più preoccupare di niente? assolutamente di niente?
– È così che si fa –

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