Recensione: “Ronin, il samurai errante (vol.1)” di Antonio La Sala e Rita Ricciardi

Recensione: “Ronin, il samurai errante (vol.1)” di Antonio La Sala e Rita Ricciardi

Ronin, il samurai errante (vol.1)

Autore: Antonio La Sale e Rita Ricciardi
Genere: Light novel fantasy
Editore: Independently published
Data di uscita: 7/07/2020
Formato: Ebook
Anno pubblicazione: 2020

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Trama

Hantai è una nazione insulare, suddivisa in regni, l’intero territorio è infestato da yokai e sconvolto da numerose guerre tra i paesi degli uomini. Ebisu Rakki, un ragazzo con il sogno di diventare samurai, va via di casa per iniziare il suo percorso.Duelli, battaglie, tradimenti, complotti, yokai, amori e luoghi mozzafiato aspettano questo temerario ragazzo e il suo amato sogno.”Da ogni piccolo germoglio nasce un albero con molte fronde. Ogni fortezza si erige con la posa della prima pietra. Ogni viaggio comincia con un solo passo”.

Amici lettori eccoci di nuovo qua! Oggi vi parlo del primo volume di questa trilogia: Ronin, il samurai errate. È un volume che ho letto per una collaborazione, ringrazio infatti gli autori Antonio La Sala e Rita Ricciardi per la copia del volume.

La lettura di oggi è più precisamente una light novel fantasy che riprende le ambientazioni giapponesi. Sono stata molto contenta di leggere questo libro perché racchiude molte cose che personalmente a me piacciono molto: l’ambientazione giapponese, il fantasy e i disegni stile manga che ho veramente apprezzato perché sono effettivamente molto belli secondo me.

Ma veniamo alla storia: devo dire che la lettura mi è piaciuta molto, si vede che i due autori si sono impegnati per strutturarla, si nota lo studio che c’è dietro sia per quanto riguarda l’epoca dei samurai sia per la mitologia giapponese che ricorre nel volume. Oltre questo anche tutta la creazione dell’ambientazione è ben studiata, il regno di Hantai viene non solo descritto, ma anche illustrato ed è così molto più facile per il lettore calarsi nelle vicende del racconto.

Regno di Hantai (Immagine ripresa dal libro “Ronin, il samurai errante (vol.1)”

Inoltre la storia scorre bene e soprattutto incuriosisce il lettore che rimane coinvolto ed è spinto a continuare la lettura per sapere cosa succederà al nostro protagonista.

Posso quindi affermare che è una lettura che mi è piaciuta molto, nonostante ciò in alcuni passaggi avrei preferito un maggior approfondimento, soprattutto per quanto riguarda la storia del protagonista quando da samurai diventa un ronin. Per quanto riguarda la scrittura ho notato qualche refuso qua e là, ma nulla di così fastidioso da non far proseguire la lettura in modo scorrevole.

Nel complesso è sicuramente un libro che ho apprezzato e che mi sento assolutamente di consigliare, soprattutto agli appassionati del genere.

Nacqui per miracolo, durante il parto il cordone che poco prima mi nutriva stava per soffocarmi…Ma fortunatamente tutto andò per il meglio. Nonostante questa mia prima battaglia venni al mondo, e mi fu dato il nome di EBISU RAKKI.
– Ronin, il samurai errante –

#proddotofornitoda Antonio La Sala e Rita Ricciardi

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Recensione: “Quel che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina

Recensione: “Quel che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina

Quel che affidiamo al vento

Autore: Laura Imai Messina
Genere: Narrati italiana contemporanea
Editore: Piemme
Data di uscita: 14/01/2020
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 2020

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Trama

Sul fianco scosceso di Kujira-yama, la Montagna della Balena, si spalanca un immenso giardino chiamato Bell Gardia. In mezzo è installata una cabina, al cui interno riposa un telefono non collegato, che trasporta le voci nel vento. Da tutto il Giappone vi convogliano ogni anno migliaia di persone che hanno perduto qualcuno, che alzano la cornetta per parlare con chi è nell’aldilà. Quando su quella zona si abbatte un uragano di immane violenza, da lontano accorre una donna, pronta a proteggere il giardino a costo della sua vita. Si chiama Yui, ha trent’anni e una data separa quella che era da quella che è: 11 marzo 2011. Quel giorno lo tsunami spazzò via il paese in cui abitava, inghiottì la madre e la figlia, le sottrasse la gioia di essere al mondo. Venuta per caso a conoscenza di quel luogo surreale, Yui va a visitarlo e a Bell Gardia incontra Takeshi, un medico che vive a Tokyo e ha una bimba di quattro anni, muta dal giorno in cui è morta la madre. Per rimarginare la vita serve coraggio, fortuna e un luogo comune in cui dipanare il racconto prudente di sé. E ora che quel luogo prezioso rischia di esserle portato via dall’uragano, Yui decide di affrontare il vento, quello che scuote la terra così come quello che solleva le voci di chi non c’è più. E poi? E poi Yui lo avrebbe presto scoperto. Che è un vero miracolo l’amore. Anche il secondo, anche quello che arriva per sbaglio. Perché quando nessuno si attende il miracolo, il miracolo avviene.

Ciao a tutti miei cari amici lettori, oggi vi parlo di questa nuova lettura che ho finito da poco. Avrei molte cose da dire su questo libro, ma nella paura di confondermi troppo e non centrare il punto voglio procedere per gradi.

Prima di tutto vorrei dire che la scoperta di questa lettura è arrivata un po’ per caso, navigando sui vari social mi è comparsa sotto gli occhi e mi ha colpito subito. Ammetto di essere stata colpita inizialmente dalla copertina (come poteva essere altrimenti del resto! Non si può certo negare che sia effettivamente molto bella). Incuriosita sono andata a leggere la trama e ovviamente mi ha ispirato subito, in fondo è ambientata in Giappone e data la mia passione non potevo certo farmi sfuggire questo libro, no? Beh devo ammettere di aver aspettato prima di comprarlo, soprattutto perché avevo ancora altri libri da leggere, così nel frattempo ho scoperto l’autrice grazie ai suoi social su cui è molto attiva e leggendo i post della sua vita quotidiana in Giappone ho capito subito dal suo modo di scrivere che i suoi libri mi sarebbero piaciuti e così senza pensarci due volte oltre questo ho comprato anche tutti gli altri.

Quel che affidiamo al vento è il suo penultimo libro uscito nel 2020 e ho deciso di partire proprio da questo perché in fondo è grazie a questo libro che ho scoperto l’autrice e le altre sue opere.

La lettura mi ha coinvolto immediatamente per molti motivi diversi. Primo per le tematiche: Laura Imai Messina ci catapulta dentro alle vite di personaggi distrutti dal dolore per la perdita di persone care a causa dello tsunami del 2011 e allo stesso tempo ci parla della loro resilienza e del loro rialzarsi da questo dolore, il tutto grazie anche ad un telefono immerso in un giardino nel nord – est del Giappone. Un apparecchio non collegato a nulla che serve per parlare con i defunti e a cui affidare i propri pensieri che poi si disperdono nel vento.

La storia di questo particolare telefono è stato un altro elemento che mi ha fatto amare questo libro. L’autrice infatti prende spunto da un telefono e un luogo che esistono veramente e attraverso le sue parole ce lo fa conoscere. E devo ammettere che in questo è veramente eccezionale: riesce a raccontare il luogo in modo meraviglioso. Si nota subito lo studio che c’è dietro alla creazione di questo romanzo e l’amore per il paese che è diventato ormai la sua casa, traspare ad ogni singola parola.

È stato un modo per andare in Giappone anche senza essere lì veramente. Ha trasportato cuore e mente del lettore non solo in un paese, ma in un luogo poco conosciuto: il giardino di Bell Gardia. Oltretutto è riuscita a far percepire la devastazione che una tempesta può provocare, tempesta sia reale che emotiva che arriva e scombina in modo irreparabile la vita delle persone. Mi viene in mente la frase di Murakami nel libro Kafka sulla spiaggia:

“Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.”

Ed è proprio quello che succede ai personaggi della Messina, entrano nella tempesta o più precisamente ci vengono catapultati – in fondo uno tsunami non lo si può prevedere – e ne escono completamente diversi. Affrontano ognuno a modo loro il dolore e si rialzano nonostante tutto.

Questo libro, però, non lo si vive solo nel contenuto, ma anche nella forma. È qui che l’autrice gioca molto e ci stupisce. Il suo linguaggio è poesia. Le immagini si animano grazie alla scelta meticolosa delle parole, le figure che usa per descrivere una sensazione o un luogo rendono le immagini palpabili tangibili e a volte sfuggenti. Sì, sfuggenti come nelle poesie e allora c’è bisogno di soffermarsi e rileggerle quelle frasi per entrarci dentro, che seppur il libro scorre velocemente ha bisogno che il lettore si soffermi per gustarsi ogni singola sfumatura.

In conclusione posso affermare che è stata una lettura che mi ha colpito molto e che assolutamente consiglio!

La vita bisogna amarla Takeshi, delle persone serve imparare a fidarsi. Non fargliele odiare, non c’è via di scampo all’odio.
– Quel che affidiamo al vento –

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Recensione: “Sulle tracce di Jack lo squartatore” di Kerri Maniscalco

Recensione: “Sulle tracce di Jack lo squartatore” di Kerri Maniscalco

Sulle tracce di Jack lo squartatore

Autore: Kerri Maniscalco
Genere: Young Adult
Editore: Mondadori – collana Oscar fantastica
Data di uscita: 15/09/2020
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 2016

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Trama

È stata cresciuta per essere la perfetta dama dell’alta società vittoriana, ma Audrey Rose Wadsworth vede il proprio futuro in modo molto diverso. Dopo aver perso l’amatissima madre, è decisa a comprendere la natura della morte e i suoi meccanismi. Così abbandona l’ago da ricamo per impugnare un bisturi da autopsia, e in segreto inizia a studiare Medicina legale. Presto viene coinvolta nelle indagini sull’assassino seriale noto come Jack lo Squartatore e, con orrore, si rende conto che la ricerca di indizi la porta molto più vicina al suo mondo ovattato di quanto avrebbe mai creduto possibile.

E anche per l’anno appena concluso sono riuscita a trovare una saga di libri che è riuscita ad appassionarmi! In questi ultimi anni ho sempre preferito le storie autoconclusive, ma una saga qua e la ce l’ho sempre messa in mezzo alle varie letture. Del resto il primo amore non si scorda mai, no? E dalla mia infanzia fino a tutta l’adolescenza le saghe sono state il mio tipo di storie preferite. Forse perché non dovevo abbandonare subito quel mondo a cui mi ero affezionata non so… di certo le adoravo e le adoro tutt’ora ma, si sa i gusti cambiano e trovare dei libri che mi facciano venire la voglia di leggere tutta la saga è diventato più difficile.

Non con questo libro, però. Già sono in fibrillazione nell’attesa di poter acquistare il seguito, anche se dovrò aspettare visto tutti i libri che ancora mi attendono sulla libreria!

Questo libro mi ha colpito per molti motivi tanto che l’ho praticamente divorato, dopo tre giorni lo avevo già concluso. Comunque uno dei motivi principali è l’ambientazione: la Londra del 1888.

Adoro i libri ambientati nell’epoca vittoriana! In più il fatto che l’autrice – in epoca che seppur affascinante ha sicuramente i suoi limiti- abbia introdotto un personaggio femminile forte, una giovane con la passione per la medicina legale, mi ha fatto innamorare ancora di più di questo libro.

Audrey Rose è una femminista che precorre i tempi e nonostante la giovane età sa già quello che vuole e quale sarà la sua strada.

Altro punto sicuramente a favore dei romanzi di questa saga a partire dal primo è che Kerri Maniscalco basi le vicende su fatti, eventi realmente accaduti nella realtà ma che non hanno trovato risoluzione.

La scrittura è scorrevole e calamitica, spinge il lettore ad andare avanti e soprattutto riesce a mantenere alta la tensione, soprattutto quando il lettore grazie agli indizi riesce ad arrivare a capire chi è il colpevole ancor prima della protagonista ed è in ansia per quello che le potrebbe accadere, pur sapendo con sicurezza – essendoci altri libri dopo questo – che nulla di male potrebbe accaderle. Ed è proprio questa la bravura della scrittrice: far rimanere alta l’attenzione del lettore dosando bene i momenti di suspense.

Oltre questo devo dire che è riuscita a calibrare bene tutti gli elementi narrativi tra di loro, compresi i cliché. Un esempio può essere il personaggio di Thomas, anche lui studente di medicina legale. Giovane bello, brillante anche se un po’ spocchioso a volte, che si innamorerà ovviamente della nostra protagonista e l’aiuterà nelle sue indagini.

Ecco nonostante questo personaggio possa sembrare un cliché non stona affatto nell’evoluzione della storia e soprattutto non risulta per nulla noioso.

In conclusione il libro è un thriller storico, con la giusta sfumatura di tinte gotiche che lo rende una lettura davvero molto bella e appassionante. Un romanzo assolutamente consigliato!

La mamma diceva sempre: «Le rose hanno petali e spine, mio scuro fiorellino. Non bisogna credere che qualcosa sia debole solo perché appare delicato. Mostra al mondo il tuo coraggio».
– Sulle tracce di Jack lo squartatore –

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Recensione: “Finché il caffè è caldo” di Toshikazu Kawaguchi

Recensione: “Finché il caffè è caldo” di Toshikazu Kawaguchi

Finché il caffè è caldo

Autore: Toshikazu Kawaguchi
Genere: Narrativa contemporanea straniera
Editore: Garzanti
Data di uscita: 12/03/2020
Formato: Cartaceo
Anno pubblicazione: 2015

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Trama

ECCO LE 5 REGOLE DA SEGUIRE:
1. Sei in una caffetteria speciale. C’è un unico tavolino e aspetta solo te.
2. Siediti e attendi che il caffè ti venga servito.
3. Tieniti pronto a rivivere un momento importante della tua vita.
4. Mentre lo fai ricordati di gustare il caffè a piccoli sorsi.
5. Non dimenticarti la regola fondamentale: non lasciare per alcuna ragione che il caffè si raffreddi.

In Giappone c’è una caffetteria speciale. È aperta da più di cento anni e, su di essa, circolano mille leggende. Si narra che dopo esserci entrati non si sia più gli stessi. Si narra che bevendo il caffè sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l’unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere. Si narra che con un semplice gesto tutto possa cambiare. Ma c’è una regola da rispettare, una regola fondamentale: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato. Non tutti hanno il coraggio di entrare nella caffetteria, ma qualcuno decide di sfidare il destino e scoprire che cosa può accadere. Qualcuno si siede su una sedia con davanti una tazza fumante. Fumiko, che non è riuscita a trattenere accanto a sé il ragazzo che amava. Kotake, che insieme ai ricordi di suo marito crede di aver perso anche sé stessa. Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella. Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre. Ognuna di loro ha un rimpianto. Ognuna di loro sente riaffiorare un ricordo doloroso. Ma tutti scoprono che il passato non è importante, perché non si può cambiare. Quello che conta è il presente che abbiamo tra le mani. Quando si può ancora decidere ogni cosa e farla nel modo giusto. La vita, come il caffè, va gustata sorso dopo sorso, cogliendone ogni attimo.
Finché il caffè è caldo è diventato un caso editoriale in Giappone, dove ha venduto oltre un milione di copie. Poi ha conquistato tutto il mondo e le classifiche europee a pochi giorni dall’uscita. Un romanzo pieno di fascino e mistero sulle occasioni perdute e sull’importanza di quelle ancora da vivere.

Eccomi finalmente qua a parlarvi di questa lettura e darvi le mie impressioni. Ho acquistato questo libro uscito l’anno scorso perché mi aveva colpito subito. Generalmente prima di acquistare un libro così pubblicizzato e acclamato aspetto sempre un po’, per paura che tutto il fervore dietro il libro mi conduca sulla strada sbagliata e che mi porti alla fine ad acquistare un libro che poi mi delude.

In questo caso non è proprio andata così, non si può parlare di delusione perché di per sé il libro mi è piaciuto, ma ammetto che forse le mie aspettative erano un po’ alte e diciamo che mi sono dovuta ridimensionare.

La lettura è abbastanza piacevole e con lo stratagemma del bar dove è possibile tornare indietro nel tempo – “l’importante è finire il caffè prima che si raffreddi” – l’autore riesce a raccontarci le storie dei personaggi. Questo stratagemma narrativo mi è piaciuto perché adoro leggere storie dentro la storia.

La scrittura, poi, risulta fluida e scorrevole e si riscontra quel narrare la malinconia nel modo in cui solo i giapponesi sanno fare. Rendendola lieve soffusa, un modo sicuramente diverso da quello occidentale.

Detto ciò ammetto, però, che per alcuni aspetti l’ho trovato un po’ scontato. Carino e piacevole sì, ma che in realtà non mi ha convinto del tutto. È come se qualcosa nella storia fosse venuta a mancare. Di preciso non saprei dire cosa e probabilmente dipende dal fatto che il libro fa parte di una serie (il secondo volume è uscito da poco) e solo continuando la lettura forse quel senso di mancanza verrà colmato.

Per il momento mi riservo il diritto di cambiare opinione e sicuramente ne consiglio comunque la lettura perché nel complesso è un libro carino e piacevole con cui passare il tempo e a tratti anche commovente.

Kazu è ancora convinta che, se vuole, la gente troverà sempre la forza di superare tutte le difficoltà che si presenteranno. Serve solo cuore.
– Finché il caffè è caldo –

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Recensione: “Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie”

Recensione: “Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie”

Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie

Autore: Alec Bogdanovic
Genere: Narrativa contemporanea
Editore: Rogas edizioni
Data di uscita: 9/10/2020
Formato: Ebook
Anno pubblicazione: 2020

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Trama

La depressione è il male della nostra epoca. È la malattia più diffusa al mondo ed è la più temuta dopo il cancro. Il nostro anti-eroe ci si imbatte nell’adolescenza e cerca di liberarsene con la disciplina e il metodo di un ricercatore, peccato che la cavia da laboratorio sia lui stesso. Finirà così per autocondannarsi a un’interminabile escalation di sfortune e miserie umane: queste daranno corpo a un romanzo di formazione in cui tragedia e commedia si intersecano e fondono fino a diventare del tutto indistinguibili.

Che dire di questa lettura? Beh intanto parto con il ringraziare l’autore Alec Bogdanovic per la copia del libro e per avermi permesso di leggerlo e recensirlo. Detto ciò, penso che qualsiasi cosa io possa dire su quest’opera risulti del tutto superflua perché questo è uno di quei libri che si commenta da solo già dalla prima riga della prefazione (eh sì, di solito la salto sempre ma in questo caso è stato un obbligo morale leggerla!).

Ciononostante vorrei provare a darvi la mia opinione su questa lettura sperando di non cadere nel banale e soprattutto di non sminuirla, perché sarebbe davvero un peccato.

Ok, cerco di prendere un bel respiro e cominciare. Innanzitutto se proprio dovessi usare una singola parola per descrive questo libro direi assolutamente e senza ombra di dubbio DISSACRANTE.

Esatto. Questo libro è in tutto e per tutto dissacrante verso il tema che tratta: la depressione come male di questo secolo.

L’autore senza troppi peli sulla lingua e con una certa dose di black humor ci illustra il nostro millennio: tempo di infelici, ma di infelici che come dice lo stesso autore hanno molti “palliativi” per sopperire a questa infelicità, ma che di base restano infelici.

Alec racconta la depressione in modo crudo che di sicuro è una novità per questo argomento, sempre trattato con toni sommessi, quasi sospettosi. No lui ce lo sbatte in faccia a gran voce e lo fa utilizzando un ritmo incalzante e soggettivo, dato che tutta la storia è raccontata dal punto di vista di chi sta narrando ed è così che il lettore rimane impantanato con tutte le scarpe nella trama del racconto e anche una volta fuori fa fatica a divincolarsene subito.

Lettura calamitica che si legge tutta d’un fiato, un libro decisamente da non perdere!

“La nostra epoca è la più infelice mai esistita, ma è anche quella più attrezzata a livello di palliativi che sopperiscono alla mancanza di felicità”
– Gli ansiosi si addormentano contando le apocalissi zombie –

#prodottofornitoda Alec Bogdanovic

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