Recensione: “Ada o ardore” di Vladimir Nabokov

Recensione: “Ada o ardore” di Vladimir Nabokov

  • Titolo: Ada o ardore
  • Autore: Vladimir Nabokov
  • Genere: Narrativa erotica e rosa
  • Editore: Adelphi
  • Formato: Cartaceo, e-book
  • Anno pubblicazione: 1969

Trama

In questo romanzo Nabokov decise di sfrenare i suoi estri e i suoi capricci più nascosti e più cari, sfidando il lettore a seguirlo. È una storia d’amore e anche una storia erotica ma, soprattutto, una celebrazione del dettaglio. In questo libro l’autore sembra aver voluto mettere tutto, come in una vasta arca, o per lo meno in una sterminata soffitta. Una soffitta costellata di segreti, come il parco di un maniero, cosparsa di nascondigli erotici, in cui il lettore amerà perdersi. (Adelphi editore)

Ciao a tutti readers! È un po’ che non posto nulla, purtroppo tra una cosa e l’altra non sono riuscita a scrivere nulla prima. Inoltre non ero molto sicura di voler scrivere una qualche sorta di recensione su questa lettura perché in realtà mi sono avvalsa di uno dei diritti del lettore di Pennac: quello di non finire un libro.

In effetti ho lasciato questa lettura a metà, anzi forse meno di metà ed era un po’ per questo motivo che non credevo avesse senso fare una recensione su un libro che non avevo concluso, poi ci ho ripensato, e quindi eccomi qui!

Come avrete già intuito questa lettura mi ha decisamente delusa, si può evincere anche dalla trama stessa: generalmente nei miei post sono io stessa che rielaboro la trama per dirvi di cosa parla il libro, mentre questa volta ho preso direttamente la trama riportata sul libro dell’edizione dell’Adelphi.

Con questa lettura non sono riuscita proprio ad entrare in sintonia e mi è dispiaciuto molto perché io adoro alla follia Nabokov e le sue opere, ma stavolta mi sono dovuta proprio arrendere all’evidenza: questo libro non fa per me (o perlomeno non fa per me in questo momento, in futuro chissà…)

Ma andiamo con ordine…

Si sa che la scrittura di Nabokov non è proprio di facile approccio eppure stavolta l’ho trovata proprio “confusionaria” se mi passate il termine. Ovviamente il tutto è voluto perché un genio del calibro di Nabokov non fa nulla a caso; ciononostante questo suo approccio linguistico non mi ha fatto né appassionare alla storia né tanto meno entrare in empatia con i personaggi. I tanti incisi usati mi hanno portato letteralmente fuori rotta a volte, tanto che non riuscivo a volte a capire cosa volesse dire e si sa che se una storia non viene compresa difficile che piaccia.

Comprensione e piacere per la lettura vanno di pari passo, se non c’è l’uno non può esserci l’altro. Non può piacere infatti una cosa che non si capisce ed è questo in fondo quello che è capitato a me con questo libro.

Per tutti questi motivi ovviamente non mi sento di consigliarla come lettura, non al momento sicuramente. Ciononostante non mi nego il diritto in futuro, magari rileggendola di cambiare idea, ma per il momento è sicuramente un grande no.

Se voi l’avete già letto fatemi sapere le vostre opinioni, sono sempre curiosa di sentire il parere di altri lettori!

E anche per oggi è tutto!

Alla prossima… 😘

“Un semplice tocco di carboncino velava nel punto del mistero il suo corpo bianco gesso”

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Recensione: “Fuoco Pallido” di Vladimir Nabokov

Recensione: “Fuoco Pallido” di Vladimir Nabokov

  • Titolo: Fuoco Pallido
  • Autore: Vladimir Nabokov
  • Genere: Letteratura sperimentale
  • Editore: Adelphi
  • Formato: Cartaceo e ebook
  • Anno pubblicazione: 1962

Trama

Il romanzo, opera alquanto particolare di Nabokov è composto da due parti: in una troviamo un poema di 999 versi, scritto da John Shade stimato professore del Wordsmith College collocato in una fittizia cittadina americana, in cui parla del suicidio di sua figlia e si pone domande metafisiche sulla morte. Dall’altra invece siamo di fronte al commento del poema, elaborato dall’eccentrico Charles Kinbote che tenta di convincere il lettore con le sue egocentriche note, che il vero tema dell’opera di Shade sia ispirato in realtà alle avventure di un giovane esule del regno di Zembla.

Buon pomeriggio miei cari lettori, questa settimana sono un po’ in anticipo sui tempi con la recensione, ma in realtà questa di cui vi parlo oggi è una lettura che ho fatto qualche anno fa. Attualmente sto leggendo “Ada o Ardore” sempre di Nabokov, ma sono ancora all’inizio ciononostante ho pensato: perché nel frattempo non parlarvi della mia opera preferita di questo autore?

Nulla togliendo a “Lolita”, considerato il suo capolavoro, io trovo che “Fuoco Pallido” sia il suo miglior lavoro, perlomeno tra tutte le sue opere che ho letto finora.

In verità non si può proprio parlare di romanzo, perché come già citato nella trama esso è diviso in due parti: un poema e il suo commento, scritti da due diversi autori. Si può dire che la parte del commento sia il romanzo vero proprio. Le note al poema scritte dall’egocentrico Kinbote raccontano una vicenda che nulla ha a che fare con la tematica trattata nel poema. Sta qui, secondo me, la spettacolarità di quest’opera; frutto dello sperimentalismo di un autore del calibro di Nabokov.

Il commento diventa una sorta di “romanzo fantasma”, dove si narrano le vicende un giovane di alto lignaggio che è costretto a fuggire da Zembla, il regno nel quale abita. E in questo gioco di parodie lentamente iniziamo a conoscere anche il personaggio di Kinbote, che si considera amico del sessantenne professor Shade ed è convinto che questo loro rapporto di amicizia non sia ben visto; si basa tutto su un gioco di rispecchiamenti, in cui vi è riflessa anche la figura dello stesso autore.

Nell’opera, inoltre, soggiacciono altre tematiche come quello della perdita e della mancanza, tematiche che s’intersecano tra loro in un confronto tra poema e commento.

Ho incontrato quest’opera di Nabokov anzi dovrei dire che ho incontrato proprio Nabokov, come autore, durante i miei anni universitari. La prima opera che lessi di lui per un esame era un romanzo breve: “Cose trasparenti” e già da lì capii che era amore a prima vista, ma non sapevo ancora quanto avrei adorato questo autore prima di leggere “Fuoco Pallido”.

In questo suo lavoro – che ha avuto un’elaborazione molto lunga: circa 20 anni – condensa in modo estremamente brillante due narrazioni contrapposte senza che l’una entri in alcun modo in contrasto con l’altra.  

Di sicuro per gli appassionati di Nabokov e non solo, è un’opera che consiglio assolutamente di leggere!

E anche per oggi miei cari lettori è tutto…

Alla prossima, sempre in compagnia di Nabokov 😘

“La vita è una grande sorpresa. Non vedo perché la morte non potrebbe esserne una anche più grande.”

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Recensione: “Lo ammetto ho tentato di essere felice” di Gianluca Brundo

Recensione: “Lo ammetto ho tentato di essere felice” di Gianluca Brundo

  • Titolo: Lo ammetto ho tentato di essere felice
  • Autore: Gianluca Brundo
  • Genere: Narrativa moderna e contemporanea
  • Editore: Bertoni
  • Formato: Cartaceo e ebook
  • Anno pubblicazione: 2019

Trama

Il libro è una sorta di “taccuino del vivere” dell’autore dove egli riversa tutte le sue esperienze e le scelte che ha compiuto e che sono tutte legate da un unico filo conduttore: tentare di essere felice. Questa sua opera la dedica a sua figlia per farle sapere chi è e chi era suo padre, per lasciarle una traccia di sé.

Ciao a tutti readers, oggi non vedevo l’ora di parlarvi di questo libro che ho appena finito. “Lo ammetto ho tentato di essere felice” scritto dall’attore di teatro e di cinema Gianluca Brundo, che ho avuto il piacere di incontrare al Deruta Book Fest (Ringrazio ancora vivamente il mio editore per avermi dato la possibilità di partecipare a questo evento), non è un romanzo, né un’autobiografia dell’autore né tanto meno vuole essere un libro che insegna come si vive. Egli mostra semplicemente al lettore quella che è stata la sua esistenza, come ha deciso di viverla e quali sono stati i Maestri che hanno fatto di lui l’uomo che è oggi.

Gianluca Brundo nel libro si definisce un ribelle, ma un ribelle senza strepito, un ribelle senza guerra, un ribelle della conoscenza. Una persona che vive di passione e che sa che non potrebbe vivere altrimenti. Ci dice che ha imparato il tempo dell’attesa e la pazienza e che molto spesso un atto di gentilezza può essere un vero e proprio atto di rivoluzione.

Con una scrittura fresca alternata da poesie, parti dei suoi lavori teatrali e con l’aiuto delle opere degli autori che sono stati per lui un punto di riferimento nella vita ci delinea il suo cammino che ha avuto come obiettivo quello di tentare di essere felice.

Lo fa, come dicevo, senza la presunzione di insegnarci nulla, ma nonostante ciò le sue parole non possono non toccarci. È una di quelle letture che ti rimane dentro, attaccata addosso e che silenziosamente si fa strada nell’anima. Era il libro di cui avevo proprio bisogno in questo momento.

A volte capita nella vita che arrivi una di quelle letture che ti salva perfino da te stesso, e che arrivi proprio nel momento in cui se ne ha più bisogno; ed è ciò che è stata questa lettura per me.

Non dico che abbia risolto i miei problemi o i miei dubbi o che possa risolvere quelli di qualunque altra persona che avrà il piacere di leggere questo libro e di sicuro non pretende di farlo; ciononostante mi ha dato modo di riflettere. Mi sono rispecchiata in alcuni suoi modi di vivere che sono un po’ simili ai miei, ma dall’altra parte ha generato in me nuovi interrogativi su quale potrà essere il percorso che mi condurrà non tanto ad essere felice, ma almeno a tentare di esserlo, perché come dice lo stesso Brundo non c’è una ricetta per la felicità; essa è un’attitudine e come tutte le attitudini si può rafforzare e sviluppare e ognuno ha il suo percorso per farlo.

“Sono un essere imperfetto. Sono nato imperfetto. Morirò imperfetto. Lo so. Forse un po’ meno imperfetto, ma pur sempre imperfetto. Però, lo ammetto, ho tentato di essere felice.”

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